Una sconfinata giovinezza
- Scritto da Prova 2
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Lino e Chicca sono una coppia di anziani sposati da venticinque anni. Lei è una professoressa all’università, lui un giornalista sportivo. Un grande amore il loro, nonostante il rimpianto di non aver mai avuto figli. Entrambi conducono delle vite serene e agiate, quando all’improvviso quelli che sembravano semplici vuoti di memoria di Lino, si trasformano via via in dimenticanze sempre più gravi. La diagnosi non dà speranza: l’uomo è affetto dal morbo di Alzheimer e i medici informano la moglie che Lino diventerà sempre più difficile da curare a causa di questo disturbo degenerativo. Chicca cerca di supportare il marito con affetto e tenerezza, ma nonostante questo l’uomo diventa sempre più aggressivo, perde il lavoro e regredisce fino a diventare il bambino che Chicca non ha mai avuto. Infatti quelli che per Lino erano i ricordi della sua adolescenza sull’Appennino, si trasformano in un presente fatto di giochi e aneddoti, dove perdersi e sentirsi al sicuro. Ma per la donna non è facile gestire questa situazione e le conseguenze non si faranno attendere.
Ogni volta che Pupi Avati, una volta all’anno per la precisione, porta sullo schermo una nuova storia, si ha l’impressione di essere catapultati nella stessa atmosfera cinematografica ripetuta all’infinito. È successo ultimamente con Gli amici del Bar Margherita e con Il papà di Giovanna, ma anche con i suoi precedenti lavori, ovvero ha sempre prediletto il ricordo autobiografico e la fascinazione per un mondo patinato quanto fasullo, edulcorato dai ricordi adolescenziali in provincia, che il regista bolognese ha vissuto da giovane.

Siamo comunque sicuri che il film avrà il suo seguito di ammiratori, non perché sia un prodotto totalmente riuscito, ma semplicemente per il fatto che il pubblico ama immedesimarsi in una realtà televisiva molto simile alle fiction, ossia ridondante di personaggi poco originali, storie sovraccariche di luoghi comuni ed emozioni di superficie. Una sconfinata giovinezza sarà sì coinvolgente, farà sì piangere e riflettere, ma solo chi ama il buonismo strumentale della tv.
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