Non si può dire che il cinema del Nord Europa, negli ultimi tempi, non sia stato foriero di belle soddisfazioni cinematografiche (si pensi ad esempio allo straordinario Bullhead di Michael Roskam, all’esplosione anche internazionale di Nicolas Winding Refn, alle piccole e grandi sorprese scandinave di Anti Jussi Annila e di Thale o alla rinascita di Thomas Vinterberg con Submarino e Il sospetto); qualcuno direbbe che si tratti dell’ennesima conferma che in situazioni socio-politico-economiche di crisi e in un contesto di grigiore diffuso la creatività riesce ad emergere meglio, ed è pur vero che a volte funziona… ma qui non interessa soffermarsi sulle ragioni, sull’analisi di una situazione; qui interessano i fatti, e i fatti dicono che da queste nazioni avvolte nelle brume del Nord (qui la Danimarca) continuano a scaturir sorprese e storie di peso: 10 Timer til Paradis, arrivato al Sundance Film Festival col titolo internazionale di Teddy Bear, è una di queste.
La storia è quella di Dennis, bodybuilder professionista che alla soglia dei quarant’anni vive ancora a casa con la madre Ingrid, alla periferia di Copenhagen. E Ingrid è una madre sola, severa, emotivamente ingombrante, che ha sostituito la figura del compagno che non c’è con quella di suo figlio, che naturalmente si ritrova a sperimentare, grande e grosso com’è, serie difficoltà di relazione con l’altro sesso. Eppure lui vorrebbe tanto trovare una compagna di vita, una donna che lo prenda per quello che è: una persona molto tranquilla, senza grilli per la testa, senza sogni troppo grandi, un tipo normale, che in un contesto in cui apparire conta più che essere (la civiltà contemporanea dell’immagine, di cui la disciplina del bodybuilding è efficace metafora) finisce per assumere i tratti della stranezza. Quando un suo zio si sposa con una ragazza conosciuta e portata a casa dalla Thailandia, anche Dennis decide di tentare la fortuna di un viaggio fin laggiù, dove nella ricerca di una specie di anima gemella troverà proposte a pagamento per turisti sessuali, come ci si aspetta, ma forse anche qualcosa di sorprendentemente diverso, in serbo per lui.

Una piccola storia, girata come fosse una versione romantica e semplice di The Wrestler, con la macchina da presa che pedina costantemente questo omone di 130 kg tutto muscoli e ingenuità, fuori tempo e fuori parte in un mondo che fatica a calzargli addosso, nella sua personalissima ricerca di una felicità tanto demodé da finire per apparire originalissima; storia piccola sì, disarmante nella sua normalità, ma anche molto penetrante, che sfrutta al meglio i due punti di forza intorno ai quali è costruita: la semplicità dello sguardo sulla problematicità dei rapporti umani che spesso è tutta costruita da fattori esterni e ambientali prima che dalle persone che li vivono, e la prova mastodontica del protagonista Kim Kold, che bodybuilfder di fama internazionale lo è per davvero, nonché già protagonista di un corto dello stesso Mads Matthiesen sullo stesso argomento di Teddy Bear, nel ritrarre un gigante di muscoli e tatuaggi con l’animo di un ragazzino di 17 anni alle prese con le prime cotte liceali. Per una volta, arrendiamoci davanti alla semplicità e lasciamoci trasportare da essa: per questo film vale la pena.

Il film è disponibile in DVD su Amazon.com.

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