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Oblivion

Joseph Kosinski ci regala uno sci-fi avvincente, coerente e sopratutto ben scritto, con un Tom Cruise che si riconferma, come interprete, il 're' assoluto del genere

La Terra è irrimediabilmente compromessa, la sua linfa vitale si sta lentamente esaurendo. La desolazione che regna incontrastata è il risultato di una guerra nucleare che non ha lasciato alternative possibili, se non l’abbandono da parte di coloro che ci abitano. Un uomo, chiamato a sorvegliarla ancora per poco tempo, guarda la Terra con nostalgia perché ben presto dovrà lasciare quel mondo a lui familiare, per recarsi in un posto più sicuro. Quest’uomo si chiama Jack Harper e l’anno è il 2073. Jack è un tecnico incaricato insieme alla sua compagna Victoria, di riparare gli ultimi droni rimasti a proteggere, dagli Scavengers, le gigantesche trivelle atte all’assorbimento sia dell’acqua che delle sostanze contenute nelle profondità della Terra, necessarie alla sopravvivenza dei superstiti del genere umano, rifugiatisi nel frattempo su Titano. Questa ultima missione ha previsto la cancellazione della memoria dei due agenti, consapevoli solamente del fatto che presto raggiungeranno il resto della popolazione sul nuovo pianeta. Ma la memoria, seppur cancellata, trova dei recessi nella mente nei quali infiltrarsi e mettere in pericolo le certezze sin qui coltivate. Jack, infatti, rivede nei suoi sogni una donna che non è Victoria, con la quale vive un momento di rara serenità prima che gli alieni comincino la loro guerra con l’umanità…
Un racconto complesso e particolarmente vasto, difficilmente riassumibile, ma il preambolo è necessario per comprendere l’universo nel quale ci porta Joseph Kosinski (Tron Legacy), un regista 'maniscalco' che con Oblivion costruisce un mondo fantascientifico, non particolarmente originale, ma ricco di suggestioni metaforiche. Partiamo dall’atmosfera, quella che si respira soprattutto nella prima parte del film (visivamente bellissima e scritta in maniera eccellente). La letteratura di Philip K. Dick, dove l’alterazione della realtà e l’incapacità dell’uomo di riconoscere il falso, nonché la solitudine e la degenerazione delle certezze, è il background del film assolutamente riconoscibile ed affascinante. La lentezza 'naturale' e il senso di dissolvenza dato da una 'madre' che sta per essere lasciata sola, trasferiscono nello spettatore un’inquietudine profonda, la stessa che attraversa il protagonista. Nella seconda parte, dove fisiologicamente l’uso delle scene d’azione è più preponderante, il film forse pecca un po’ troppo di citazionismo (da non confondere con il plagio), perdendo la forza concettuale di tutta la prima parte.

Un aspetto particolarmente positivo della pellicola è la presenza di personaggi femminili molto forti e ben scritti, che mettono, diciamo, da parte, il cliché fantascientifico del 'one man show'. Olga Kurylenko ma soprattutto Andrea Riseborough, sono dei caratteri che viaggiano accanto al protagonista, e non un passo dietro a lui, nonostante 'l’uomo' sia Mr. Tom Cruise, a tutti gli effetti il re indiscusso di film nei quali fisicamente un attore deve mettere in campo infinite energie.

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