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Studio illegale

Dall'omonimo romanzo di Federico Baccomo, un film di San Valentino interpretato da Fabio Volo, con gli ingredienti giusti per una commedia romantica dal retrogusto amaro. Poche situazioni riuscite e molta noia

Un giovane e rampante avvocato che lavora in uno degli studi milanesi più di successo arriva al punto in cui la propria vita necessita di un senso (oltre al lavoro) e coglie l’occasione per voltare pagina attraverso l’amore per una sua collega. Si svolge intorno a questo tema la trama del film di Umberto Carteni con protagonista Fabio Volo, Studio illegale, tratto dall'omonimo libro di Federico Baccomo.
Il presentatore/comico/scrittore Fabio Volo in questa sua ultima 'fatica' si trova a interpretare Andrea, un avvocato che il suo superiore Giuseppe (un bravissimo Ennio Fantastichini) vorrebbe cinico e spietato, ma che in realtà perde la testa come un ragazzino per un’affascinante collega francese.
Va da sé che gli ingredienti giusti per una bella commedia romantica dal retrogusto amaro ci siano proprio tutti: il giovane professionista introverso che cerca dapprima il calore umano in rapporti occasionali e alla fine decide di mettere la testa a posto, un lavoro che ruba la maggior parte del tempo e non lascia spazio alle cose semplici della vita (certo, è dura lavorare per uno studio legale famoso e portarsi a casa stipendi stratosferici, intervallando la routine con viaggi di lavoro a Dubai!), e per concludere la francesina con la 'r' moscia, che arranca nel parlare correttamente la lingua, ma appunto per questo affascina al punto da mandare al diavolo giacca, cravatta e responsabilità per costruire con lei un futuro, trasferendosi Oltralpe. I due fanno un mestiere che impone la sfiducia verso il prossimo, ma impareranno a fidarsi l’uno dell’altra, nonostante tutto.

Insomma, per gli amanti del sentimento, anzi del sentimentalismo, è pronto un film di San Valentino che incarna tutti i valori buonisti e mette al bando l’aridità. Peccato, perché il cattivo personaggio di Fantastichini è davvero l’unico a dare un senso a un film che fa sorridere a tratti, ma che per lo più annoia lo spettatore.

 

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