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Re della terra selvaggia

Una lunga serie di gratificazioni per la pellicola-rivelazione dell’anno: riconoscimenti a pioggia, complimenti 'illustri' e anche la speranza del premio cinematografico più ambito. Re della terra selvaggia è un film sorprendente che sa tenere lo spettatore col fiato sospeso


Robert Redford ha detto che meriterebbe subito l’Oscar, persino il Presidente Obama ne è rimasto incantato: insomma, Re della terra selvaggia ha tutte le carte in regole per aggiudicarsi un’ottima posizione ai botteghini e fare incetta di statuette agli Academy Awards tra miglior film, regia, sceneggiatura non originale e attrice protagonista.
La storia è quella di una bambina che cresce sola col padre, gravemente malato di cuore, nelle paludi del sud della Louisiana. Un mondo che sembra tanto lontano, eppure le vicende raccontate non si riferiscono a una desolata regione degli Stati Uniti di cinquant’anni fa, ma si svolgono ai giorni nostri. Il cosiddetto mondo civilizzato si trova a due passi dai protagonisti, ma questi ultimi spendono tutte le proprie forze affinché la loro vita non venga contaminata e si mantenga entro i confini di una diga che non viene mai oltrepassata. Neppure quando la natura incalza e si rivolta contro l’uomo sotto forma di tempesta distruttrice, la piccola Hushpuppy (interpretata dalla giovane esordiente Quvenzhané Wallis) continua a credere nella perfetta sincronia degli elementi che regolano il ciclo naturale della vita. Non è solo l’ambientazione a sembrare fuori dal mondo e in un tempo lontano, ma anche i rapporti umani e i metodi di vita della piccola comunità sono completamente a se stanti. Hushpuppy capisce sin da tenera età che bisogna imparare a cavarsela senza neppure il minimo aiuto. Lo stesso gesto di spezzare a mani nude un crostaceo, piuttosto che ricorrere all’aiuto del coltello, le viene inculcato con forza dal padre Wink.

Il film è stato realizzato con quello che in America si definisce un microbudget, ma nonostante questo si pone già in netto vantaggio anche rispetto a opere dei registi considerati 'grandi'. Sarà la semplicità degli attori (nessun nome famoso, anzi nessuno prima d’ora era mai stato di fronte a una macchina da presa), o forse la forza e il carisma di una bambina all’apparenza gracile e con gli occhi un po’ tristi, ma lo spettatore non può che venire trascinato nel mondo che il regista Benh Zeitlin mostra: il suo mondo, l’America di cui solitamente si sente parlare solo in cronaca nera, in seguito al passaggio di una violenta tempesta.

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