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La mossa del pinguino - Recensione

La passione per lo sport e i valori dell'amicizia sono i temi alla base del primo film di Claudio Amendola dietro alla macchina da presa. Un debutto con più ombre che luci...


Bruno (Edoardo Leo) è un ultra-trentenne, che non si decide a crescere e a diventare una persona adulta, nonostante abbia una moglie (Eva, interpretata da Francesca Inaudi) e un figlio di nove anni. Oltre alla classica sindrome di Peter Pan, l’uomo è anche perseguitato dalla sfortuna e a completare il tutto si aggiunge una minaccia di sfratto che pende come una spada di Damocle sulla sua testa. Bruno ha un sogno: quello di partecipare, insieme ai suoi amici più cari (Ennio Fantastichini, Antonello Fassari, Richy Memphis) alle Olimpiadi invernali del 2006, gareggiando in un’improbabile squadra di curling.
Claudio Amendola, alla sua prima esperienza da regista, porta sullo schermo una sceneggiatura originale scritta insieme al protagonista. Il ritmo è spesso lento, a volte riesce a strappare qualche risata, ma manca di tante cose. Rigorosamente in dialetto romanesco (sono pochissime le frasi interamente in italiano), Amendola presenta i protagonisti con i tratti degli uomini comuni, senza particolari qualità che, pur trovandosi nei guai fino al collo, continuano a sognare la gloria e si emozionano al solo pensiero di una partita di calcio allo stadio. La scelta degli attori è stata calcolata senza rischi: quasi tutti sono vecchie conoscenze di Amendola, come Fassari, col quale rivive la vecchia intesa dei tempi de I Cesaroni.
Lo sport diventa in La mossa del pinguino una metafora della vita, ma il messaggio che arriva non è così positivo come nasce nelle intenzioni. I quattro all’inizio puntano a vincere, ma non si applicano a fondo per riuscirci. Alla fine, quando si rendono conto di essere completamente fuori luogo, ripiegano sulla teoria dell’importanza di partecipare: mettere a segno anche un solo punto diventa la loro massima aspirazione. Poi tutto va magicamente a posto, così rimane un ampio spazio per il finalone gioioso.

L’ispirazione, come ha avuto a dire il regista in erba, è stata fornita da Full Monty - Squattrinati organizzati, ma manca completamente l’ironia sottile e brillante di una delle commedie più divertenti della storia del cinema.

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