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Grandi speranze

Una immagine tratta da Grandi speranzeUn romanzo del divino Charles Dickens dalle mille sfaccettature, psicologiche e narrative, per una trasposizione che sulla carta sembra essere un kolossal, ma che alla prova dei fatti delude le aspettative

Se Mike Newell avesse mantenuto la verve registica di Quattro matrimoni e un funerale o l’intelligenza narrativa di Donnie Brasco, forse non parleremo di grandi speranze disattese. Un romanzo della portata di Great Expectations del divino Charles Dickens (scritto e pubblicato nel lontano 1860) ha subito notevoli adattamenti, sia per il cinema che per il teatro, collezionando negli anni interessanti esperimenti, come Paradiso perduto di Alfonso Cuarón (1998), e incredibili e quanto mai curate versioni per il piccolo schermo, come nel caso dell’omonima miniserie televisiva prodotta dalla BBC che vede una superba Gillian Anderson nei panni di Miss Havisham.
Un misterioso benefattore offre a un ragazzino rimasto orfano di nome Pip la possibilità di riscattarsi dalle sue umili origini donandogli un ingente somma di denaro, da destinarsi esclusivamente alla sua ascesa da gentiluomo. L’imminente scalata sociale del giovane diventerà lo strumento con il quale corteggiare Estella, una altrettanto giovane ereditiera viziata, noncurante per natura dei sentimenti del giovane, della quale lui è perdutamente innamorato sin dall’infanzia. Ma una sconvolgente verità sulla natura del suo benefattore, e sulla provenienza del denaro da lui elargito, scatenerà una serie di conseguenze devastanti, dalle quali solo pochi usciranno indenni.
In occasione del bicentenario dalla nascita dello scrittore britannico, Newell confeziona per il grande schermo quello che a tutti gli effetti avrebbe dovuto essere, e sottolineo il condizionale, un kolossal di prim'ordine, sontuoso nella messinscena e nei costumi, e d’atmosfera per l’appunto dickensiana. L’esperimento però fallisce miseramente, quando a farla da padrona è una sceneggiatura frettolosa, sbrigativa, che non tiene conto dei necessari momenti di coesione e rottura.

Il climax nell’opera di Dickens è intriso di sentimenti atavici ed invincibili quali orgoglio, prevaricazione, smania ed amore, e in questo film vengono messi parzialmente (se non del tutto) da parte, lasciando spazio ad una ilarità scialba e priva di contesto.
Non bastano, purtroppo, a salvare il film i nomi importanti, e di tutto rispetto, presenti nel cast, a cominciare da Helena Bonham Carter e Ralph Fiennes.

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