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Nina

Esordio nel lungometraggio per Elisa Fuksas con un'opera di grande personalità registica che, tra conflitti interni e dinamiche esterne, parla allo spettatore attraverso suggestioni visive


Nina è il nome di una ragazza come tante che rimane un’estate intera nella desolazione di una Roma svuotata e abbandonata. Il clima di sospensione della torrida EUR sospende anche lei, indecisa su quale strada intraprendere nella vita, perché impaurita dal diventare “come gli altri”. Con il suo motorino e il pastore tedesco Omero, Nina si aggira come un fantasma e incontra persone che sembrano presenze, aspettando l’arrivo di settembre per decidere cosa ne sarà di lei.
Nina è un bel film. Visivo, strutturale, architettonico. E’ una ricerca pura del bello come immagine, sperimentale, studiatissimo. Forse troppo settoriale, eppure comunicativo: niente male per un esordio registico.
Nei panni di Nina, Diane Fleri si illumina di luce nuova e si distacca dai panni interpretati in passato, ed è chiaro il suo entusiasmo. Appoggiata da personaggi al limite tra il quotidiano e l’assurdo e giochi di effetti speciali, la stessa Fleri ha dichiarato di essersi sentita “come in un’opera d’arte”.
Elisa Fuksas riesce a portare nel suo film tutta se stessa e il suo background, a cominciare dal meraviglioso uso dell’architettura rigorosa e squadrata dell’EUR, quartiere che diventa vero e proprio protagonista del film. Perché la Fuksas, laureata in architettura ma contraria alla professione, pur avendo dichiarato di essersi voluta allontanare dal 'mestiere', forse inconsapevolmente lo riversa in modo totale nelle inquadrature di Nina. Una bellezza per gli occhi, anche perché da tempo in Italia non si assisteva ad una cura così maniacale (in modo piacevole) di luci, ombre e colori. Rimangono però pregi e difetti di un’opera prima, e se è vero che la Fuksas palesa il suo trascorso architettonico, è pur vero che si palesa altrettanto aggressivamente il suo passato come regista di cortometraggi.

Nina possiede l’impalcatura del corto, elemento di per sé affascinante che però ne lede la fluidità del racconto. Ma ciò non toglie che di fondo rimane la sicurezza di aver assistito alla nascita di qualcuno, che si spera si giochi bene le sue carte da qui in avanti.

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