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Priscilla - Recensione

Questa volta al centro dello studio dell’universo femminile e dei suoi rapporti con la storia e la società, Sofia Coppola pone Priscilla Presley, o per meglio dire Priscilla. La regista americana ne tratteggia l’evoluzione da ragazza innamorata di Elvis a donna consapevole del suo presente, facendo leva su tutte le caratteristiche, linguistiche e tematiche, del suo cinema

L’adolescente Priscilla Beaulieu vive in una base dell’esercito americano nella Germania Ovest negli anni Cinquanta del Novecento. Qui c’è anche un giovane soldato che è già il re del rock’n’roll e un’icona, Elvis Presley. Nonostante la differenza d’età sia ampia, e la ritrosia dei genitori di lei, conservatori e poco inclini ad apprezzare la modernità insita nel personaggio Elvis, i due si innamorano e tornati negli Stati Uniti vanno a vivere insieme a Graceland. Priscilla ha così modo di conoscere l’uomo Elvis: affettuoso, premuroso, appassionato e appunto innamorato della ragazza. Intanto lei consegue il diploma e successivamente i due si sposano. Elvis, però, tiene lontana Priscilla dalla sua vita da star della musica e del cinema e questo lascia spazio a dubbi e gelosie da parte della donna. La fama dell’uomo cresce, i sogni di una vita piena d’amore di lei si infrangono e quindi l’arrivo a una scelta netta è inevitabile.
Come Jackie e Spencer del caro Larraín non sono dei film biografici sulla vedova Kennedy e sulla principessa Diana, Priscilla non è un film biografico sulla vita della moglie di Elvis Presley. A Sofia Coppola non interessa tracciare tutti i momenti della sua esistenza, ma porre in evidenza un aspetto: l’amore che questa donna ha provato per l’uomo e il suo processo di affermazione senza di lui. La regista, quindi, tiene lontano dalla loro storia flash, media, fan e gente in estasi per la musica di Elvis, per invece raccontarci cosa succedeva dentro Graceland, assumendo, così, gli occhi della giovane protagonista, interpretata da Cailee Spaeny (Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile alla Mostra del Cinema 2023), senza filtri o volontà di giudizio, ma solo lasciando che l’amore tra i due conquisti il pubblico. Sullo schermo, quindi, si vede Elvis, Jabob Elordi, sciogliersi in abbracci, affettuosità, momenti di tenerezza con la giovane fidanzata. Farla entrare nel suo mondo di amicizie, in cui l’uomo si rivela spericolato e divertente, e comprenderla in quello che è il luogo figurato più intimo della sua esistenza, il suo cuore. Allo stesso tempo, Priscilla si accosta all’ingombrante figura del marito, sottolineata dalla considerevole differenza di statura tra i due, con la volontà di vivere intensamente il suo amore. Elvis è presente quando Priscilla va dai genitori per comunicargli la scelta di andare a vivere insieme a Graceland; la aiuta a completare gli studi, sostenendola durante l’esame per il diploma; la presenta ai media come la sua fidanzata facendosi inondare dalla curiosità dei fotografi; si rinchiudono insieme nella stanza da letto dopo il matrimonio per vivere intensamente la loro storia. Ma Priscilla Beaulieu divenuta quindi Priscilla Presley chi è? È una ragazzina innamorata? La Coppola risponde affermando che Priscilla è innanzitutto è una donna e come tale non è solo pervasa dal sentimento, ma possiede una sua forte capacità di discernere e di capire quanto le sta accadendo. Ecco che quindi, quando Elvis non la rende partecipe della sua vita oltre Graceland e non la vuole al suo fianco sui set cinematografici o nelle tournée, il dubbio la pervade. Questa fase evolutiva, di riconoscimento di sé e della propria identità, di trasformazione, come accade nei film della Coppola, è mostrata con grande delicatezza, tenendo presente il valore umano della donna. Non ci sono scene madri, non c’è disperazione, ma la dolorosa accettazione che si materializza nello sguardo rotto e triste della giovane attrice quando capisce che la sua vita è altro oltre suo marito. Priscilla comprende se stessa; passata la sbornia d’amore, capisce che per vivere deve emanciparsi da quell’uomo e dai luoghi in cui l’ha tenuta dolcemente segregata. La cinematografia di Sofia Coppola racconta di molte donne tenute rinchiuse dal loro sentimento dentro case, alberghi, luoghi di vita, pensiamo a Charlotte in Lost in Translation, o Laura in On the Rocks, o Cloe in Somewhere, e qui si ripete lo stesso modello (per approfondire questo spunto vi rimandiamo all’ascolto della puntata del nostro podcast, La Luce del Cinema, sulla regista americana). Priscilla passa dalla base americana, alla case dei genitori, alla scuola, a Graceland. Sono tutti luoghi chiusi in cui la giovane è costretta a vivere, ma per poco tempo perché la comprensione dei fatti e della nuova se stessa la portano fuori da quel mondo. In questo senso, la scena finale racchiude la difficile consapevolezza di questa crescita. Per tutti questi motivi, Priscilla è in tutto e per tutto un film della Coppola. È lo sguardo femminile che racconta la storia di una donna che decide per sé; c’è la solitudine, l’amore, la voglia di riscatto, la volontà di uscire dalle convenzioni sociali. A ben guardare, ci si potrebbe domandare perché Priscilla sia scappata da Elvis, considerando che aveva fama, soldi e fortuna. Anche in questo caso risponde Sofia Coppola: perché prima di voler essere un’icona, Priscilla voleva essere (e vuole essere) una donna. Nel raccontare questo, poi, la regista americana ci mette tutto il suo linguaggio delicato e intimo, appassionato e vero, fatto di momenti veri di sentimento e di rivoluzioni e consapevolezze guidate con la giusta misura e nel rispetto, primariamente, di se stessi. La regista, come il film, non condanna il personaggio maschile, in questo caso Elvis, ma lascia (semplicemente o dolorosamente) che percorra la sua esistenza allentandosi dalla strada percorsa da Priscilla.

Priscilla indaga la strada che ha condotto Priscilla Presley a essere ciò che è. È una nuova manifestazione di un percorso di scoperta femminile che il cinema della Coppola ha già proposto. Non c’è retorica, né tantomeno reiterazione di quanto già visto nel suo cinema, ma solo il suo delicato racconto. Manca, però quello spunto narrativo che ad esempio rende On the Rocks o Lost in Translation più appassionati nella comprensione del processo di crescita della protagonista. Forse in Priscilla manca Bill Murray. Anzi manca il personaggio che in questi due film ha interpretato l’attore, un uomo capace di comprendere e aiutare le protagoniste, utile a rendere tutta la storia più sentita ed empatica. Nella vera vita di Priscilla Presley forse questa figura non c’era e in questo si manifesta il limite di questa pellicola: la troppa aderenza, anche ideologica, al personaggio femminile a discapito della non volontà di farlo crescere nella finzione del cinema di Sofia Coppola. Priscilla rimane comunque un film delicato che conquista per la sua semplicità. 




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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