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Je m’appelle Hmmm... - Recensione

Una piccola storia di due sofferenze che incrociandosi intraprendono un viaggio alla fine del quale c'è una svolta per entrambi. La fine illumina l’inizio e le traiettorie del tempo, seppur non trovando un senso pienamente compiuto, trovano un posto in cui durare


Celine (Lou-Lelia Demerliac) è una ragazzina undicenne, già donnina di casa per l'assenza della madre triste e lavoratrice, rinchiusa nel suo guscio dalle molestie sessuali del padre, cinquantenne disoccupato e in crisi personale. Peter (Douglas Gordon) è un camionista scozzese che ha perso da poco la famiglia in un incidente e viaggia sulle strade della Francia settentrionale quasi vagabondo nel suo camion rosso macerando in un dolore sordo il suo spirito di natura gioviale.
Je mappelle Hmmm…
è la storia di questi due personaggi, del loro viaggio insieme che comincia un giorno, per caso, quando Celine, in gita scolastica al mare, si separa dai compagni e si rifugia, nascondendosi, nel camion di Peter, che la nota solo una volta ripartito alla volta di Bordeaux. Per Celine è un viaggio nell’immaginazione, una fuga dalla realtà della sua infanzia rubata senza che nemmeno se ne sia accorta, mentre per Peter un’occasione per riprovare il contatto con un’altra persona, un legame anche piccolo ma che si è negato dalla morte di moglie e figlio.
Due cerchi, quelli delle storie di Peter e Celine, straniere l'una per l'altra e normalmente destinate a non toccarsi,  si intersecano, si intrecciano, e laddove uno si chiude (quello di Peter), è in quello spazio che si infila la continuazione dell’altro (quello di Celine). E’ così che il nastro del tempo - che per tutta la durata del film spesso si inceppa davanti ai nostri occhi in flashback, inserti onirici, sequenze di (probabilmente) mera proiezione mentale - ritrova il suo posto solamente alla fine del viaggio, e che un’accozzaglia di scene e situazioni diventa racconto, storia su schermo.
Se si fa fatica, noi gente mediamente anestetizzata dalle tragedie del reale televisivo, a comprendere quale tra le sofferenze di Celine e di Peter sia la più pesante, se lo stile registico eclettico della debuttante Agnès B. (al secolo Agnes Trouble, una certa pur se piccola celebrità nel mondo della moda e del design) balla spesso sul crinale tra l’incongruo e il fastidiosamente distraente, quel che tiene attaccati alle immagini e che entra sottopelle in pochissimo è la voglia che sia Celine che Peter hanno di vivere quel viaggio, per quanto breve, strano e pericoloso possa essere. E questa voglia di vivere, o forse anche solo di immaginare, un mondo o una realtà parallela in cui sublimare le brutture e lo sporco delle giornate incasellate tutte uguali in cui ci rinchiudiamo di nostra sponte, è il motore che anima la storia, che la fa diventare cinema anche e soprattutto in barba ai difetti formali.

Visto nella sezione Orizzonti dell’ultima Mostra di Venezia, è questa forza di fuga vitale a fare dello sbarellato quanto sorprendente Je mappelle Hmmm… una genuina, quasi nascosta, perla.

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