Una giornata da Universitari con Federico Moccia
- Scritto da Anna Maria Possidente
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I ragazzi sono cresciuti. Gli Step e Babi che conoscevamo non sono più i liceali più o meno spensierati che hanno fatto palpitare tanti piccoli cuori: è arrivato per loro il momento delle responsabilità. E dunque, i protagonisti dei film più amati da una incredibilmente larghissima fetta di pubblico di teenagers italiani si iscrivono all’Università e vanno a vivere per conto loro, recidendo quel cordone ombelicale che, però, fuori dalla finzione cinematografica è per molti ancora così saldamente legato a doppio filo.
Il film che li vede protagonisti, dal titolo Universitari, sarà nelle sale a partire dal 28 febbraio 2013 e già si preannuncia come un successone.
Nuovi personaggi, attori giovani e quasi tutti alle prime esperienze, che si cimentano nella recitazione cinematografica (alcuni hanno delle esperienze teatrali, altri arrivano freschi freschi dalle scuole di cinema). Ed è così che si intrecciano le storie di sei studenti: Primo Reggiani (unico volto noto ai più), Nadir Caselli, Simone Riccioni, Maria Chiara Centorami, Brice Martinet, Sara Cardinaletti. Accanto a loro, attori più conosciuti che interpretano i ruoli degli adulti, come Barbara De Rossi, Maurizio Mattioli, Paola Minaccioni, Fabio Troiano, Amanda Sandrelli.
Durante la nostra visita sul set a pochi giorni dalla fine delle riprese, Federico Moccia ci tiene a sottolineare che il suo non sarà un film sulle proteste studentesche (un tema così attuale e spinoso!) perché “di proteste, come del precariato, si parla ogni giorno in televisione”. Il regista cavalca l’onda fortunata dei sentimenti e della sdolcinatezza, raccontando non solo i rapporti tra coetanei, ma anche gli scontri generazionali tra questi e i genitori. “Mi sono ispirato a racconti di amici che affittano appartamenti a studenti fuori sede, che vengono a studiare nella capitale", ha spiegato il regista/scrittore."Inoltre sono stati intervistati degli studenti veri in diversi atenei, per capire cosa passa nella loro testa, in modo da raccontare al meglio le loro storie”.
A fare da sfondo a questi intrecci, una villa della campagna romana, costruzione semifatiscente che fu una casa di cura. L’edificio, ormai in disuso, è gestito da una cinica padrona di casa che deciderà di affittare le camere, senza il minimo scrupolo o correttezza, a dei ragazzi disposti a sopportare una vita più dura di quella passata a casa propria, pur di studiare all’università.
Non solo commedia fatta di baci, abbracci e ho-voglia-di-te, dunque: il regista ci assicura, oltre ai buoni e cattivi sentimenti, anche dei profondi (a suo dire) spunti di riflessione. Bisogna credergli? Uhm...
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