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Unstoppable - Recensione (Far East Film Festival 2019)

Riuscendo a condensare action, thriller e commedia, Unstoppable del regista esordiente Kim Min-ho è lavoro che ha tutto per funzionare come tipico esempio di cinema popolare costruito con intelligenza

Un tempo Dong-chul è stato un gangster leggendario di quelli la cui fama si tramanda nel tempo immutata. Ora però ha cambiato vita, grazie soprattutto al matrimonio con Ji-soo, una donna energica e determinata, tutto il contrario del modello sottomesso di moglie coreana. Lavora nel mercato del pesce e si tiene alla larga dei guai, anche se non riesce a fare a meno di prestare orecchio a presunti affari proposti da improbabili imprenditori che lo possano arricchire. Quando poi un vecchio amico lo mette in contatto con un curioso personaggio che si occupa del commercio del Granchio Reale, un gigantesco crostaceo che potrebbe portare enormi guadagni, Dong-chul non può fare a meno di accettare l’offerta, salvo scatenare le ire di Jo-soo che vede l’affare come una follia. Ma ben peggio dell’affare del Granchio Reale è quello che si presenta una sera a Dong-chul: tornato a casa, la trova a soqquadro e la moglie è scomparsa. Poche ore dopo qualcuno lo chiama avvisandolo che la donna è stata rapita, dando il via al tipico gioco del gatto col topo.
Una volta appurata la cinematograficamente proverbiale incapacità dei poliziotti a risolvere i casi, per il nostro eroe non rimane altro che tornare nell’arena e mettersi in proprio, con l’aiuto del fidato Choon-sik e di un improbabile detective privato ingaggiato da quest’ultimo, Gomsajang. A forza di informazioni strappate a suon di cazzottoni, Dong-chul riesce a sapere che la moglie è stata rapita da una organizzazione dedita al traffico di giovani donne, gestita da un pazzo criminale che sembra più una macchietta che un vero gangster. Sta di fatto che la strada per riportare a casa la moglie sarà durissima per il protagonista, tornato ad essere il toro scatenato cui allude il titolo originale.
Sebbene il film dell’esordiente Kim Min-ho vada considerato un thriller action-movie (genere del quale la cinematografia coreana si nutre con risultati anche eccellenti) Unstoppable è un divertente mélange di stili e generi che trovano il collante necessario anzitutto nel personaggio di Dong-chul (e di conseguenza nel bravissimo Ma Dong-seok) ma anche in quelli di contorno come la improbabile coppia di alleati del protagonista che in alcuni frangenti riesce ad essere addirittura esilarante, il villain di turno che si atteggia a gangster spietato ma che sembra più una parodia che altro e la stessa moglie di Dong-chul (la bravissima Song Ji-hyo); insomma un film che vive principalmente sulla forza dei personaggi e sul loro spessore, intorno ai quali si costruisce una storia che non reca certo con sé i crismi della originalità ma che ha di certo un gran ritmo e che genera sicuro divertimento.
Dong-chul sembra uno di quei personaggi che hanno fatto la fortuna e la grandezza di Bud Spencer, un burbero bonaccione sempre pronto a farsi giustizia a forza di schiaffi e cazzotti, ed in questo effettivamente il suo personaggio ha qualcosa che sembra arrivare da un cinema lontano, ma è anche l’emblema di colui che è riuscito a cambiare pagina e che forse, prima o poi,raggiungerà i propri traguardi che sembrano inarrivabili.

Unstoppable è lavoro che funziona bene, ha riscosso grande successo in Corea, è ben diretto da un regista esordiente ed ha insomma tutto per fare sì che piaccia e convinca: azione, botte, suspense e risate, più una folta schiera di attori famosi e bravi. Il classico prodotto di qualità coreano, dall’impronta popolare ma costruito con intelligenza.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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