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Diario dal festival: ultimo giorno

paolo-franchi-premiazioneAnd the winner is… Paolo Franchi! Uno scherzo? Una beffa per farsi gioco di quei rompiscatole dei giornalisti, razza sempre insoddisfatta?  Macché, è la cruda verità condita da vestiti griffati e qualche applauso ridicolo

Il premio per la regia lo ha vinto proprio il direttore del film E la chiamano estate, ritenuto alla quasi unanimità - impresa epica per la critica - una schifezza come poche. Non paga, la giuria contestatissima ha assegnato a Isabella Ferrari il premio per la miglior interpretazione femminile. 
 
Ore 19. Non si è ancora concluso il red carpet di chiusura che è tempo di correre in Sala Petrassi per assistere alla videoproiezione della cerimonia. Una security confusa dalle direttive titubanti dell’organizzazione che arranca al giorno nove, fa migrare l’esercito di giornalisti curiosi, dall’area antistante l’ingresso in sala al piano inferiore. 
C’è il sospetto che i giornalisti rimasti fuori dalla proiezione stampa assistano all’evento direttamente dalla toilette, magari con quell’atmosfera fantozziana del mondiale seguito attraverso radioline nascoste. 
Ma per fortuna una delle organizzatrici, come Virgilio con il genio fiorentino, fa strada verso la sala dove potremo vedere in carne, ossa.. e oro, premiati e premi. 
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A cose già iniziate è più evidente un certo imbarazzo nel palco. La madrina Claudia Pandolfi, molto più a suo agio sui set polizieschi che sul podio con la cartellina in mano, indossa un elegante abito nero. Nero, sì, come l’umore che seguirà il responso. 
Accanto ad un direttore artistico ingessato nella sua giacca con il collo alla coreana – divisa chic di una vita – l’attrice romana zoppica un po’ nel gestire i tempi da palcoscenico. Dimentica di porgere il microfono al giurato Douglas Gordon che si accinge a proclamare i vincitori, non fa rispettare i tempi di interpretazione dall’inglese all’italiano. Lei stessa si improvvisa più volte anglofona, senza preoccuparsi di rendere partecipe il pubblico intorno. E qui inizia il primo urlatore "ma parlate in italiano!”. Poco signorile il fatto che i premiati scendessero dal palco mentre l’interprete traduceva i loro ringraziamenti. Com’è avvenuto quando Marilyne Fontaine, dopo essersi aggiudicata il titolo di miglior attore esordiente, in un vestito rosso, meravigliosamente indossato, è tornata al suo posto mentre i suoi “merci beaucoup” erano ancora lost in translation
Quasi tutte le decisioni della giuria internazionale si sono rivelate discutibili, eccetto per la miglior fotografia assegnata al messicano Mai Morire.
Il riconoscimento per la miglior sceneggiatura è andato a The Motel Life dei fratelli Alan e Gabriel Polsky, prevedibile. 
Quando poi è toccato alla presentazione del premio per la miglior attore esordiente, abbiamo veramente sperato che sarebbe andato alla piccola Olga Mishtein, per avere sollevato dalla pesantezza di Un enfant de toi e, invece, è toccato a Marilyne Fontaine per un’interpretazione buona ma non certo rilevante. 
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È intervenuto Jérémie Elkaïm  a stabilire l’equilibrio tra voce originale e italiana nel corso dei ringraziamenti per l’‘incoronazione’ a miglior interpretazione maschile. In mezzo a Claudia Pandolfi e Marco Muller dopo la contestatissima assegnazione a Isabella Ferrari del riconoscimento come miglior interpretazione femminile. Tra qualche applauso e molti fischi, mentre nella sala in cui trasmettevano la diretta i giornalisti sono scoppiati in fragorose risate e battute da cinema di piazza, si è distinto il battibecco tra un ostinatamente contrario e una sostenitrice della pellicola ribattezzata 'E lo chiamano film'.
Dall’alto tuona una voce infuriata “Vergogna! Fate schifo!” ripetuta più volte. È servito l’intervento della madrina con fare indeciso ma efficace, visto che il contestatore si è poi calmato. Tutto nel silenzio clericale di Muller che, forse, iniziava a calibrare le battute delle interviste successive. 
Ma il climax è arrivato al momento della premiazione di Paolo Franchi. Una platea divisa tra i “buuu” increduli e i “clap clap” diplomatici è stata costretta a ingurgitare le dichiarazioni di un regista che si è perso in un’autocelebrazione da quattro soldi, ringraziando gli interpreti per essere stati coraggiosi tanto quanto lui. Perché “il cinema è omologato e non si vede niente di diverso”. Se questo è il contributo della novità, allora, evviva la tradizione!
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Tutto si è concluso con il Marc’Aurelio d’Oro stretto nelle mani del regista di Marfa GirlLarry Clark, autore di una gioventù texana noiosa e non meritevole del riconoscimento ottenuto. 
Ma cosa sarà accaduto alla giuria internazionale? Sono stati intontiti con l’assunzione inconsapevole di narcotici? Hanno scoperto di avere, tutti, dei legami di sangue con gli autori dei film peggiori di un festival di per sé monco di capolavori? Le spiegazioni possono essere molteplici, dal complotto alla trovata più o meno pubblicitaria.
Con degli interrogativi irrisolvibili il Festival Internazionale del Film di Roma 2012 ci ha lasciato mestamente, delusi dalla sala e accolti da una tristissima pioggia all’uscita, davanti ad un red carpet freddo e inzuppato d’acqua. That’s all folks
 
Collage del giorno
 
Ma che davero?
 
 

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