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Venezia 73: una Mostra da leoni tra passato e futuro

Programma Venezia 73 - 2016 - Film - RegistiMalick e Villeneuve, Wenders ed Escalante, Larrain e Tom Ford, Lav Diaz e Chazelle, Konchalovsky e Brizé, Kusturica e Cianfrance, Ozon e Amirpour, più Naderi, Wang Bing, Seidl, Kim Ki-duk, James Franco sparsi fuori dal Concorso: la Mostra di Venezia tira fuori gli artigli e manda un messaggio alle rassegne rivali, sfoderando grandi nomi al fianco di registi alla ricerca di un posto nell’olimpo del cinema, in una 73esima edizione all’insegna della continuità del passato - di una Venezia come isola cine-maniaca baluardo dell’arte cinematografica -, ma con una ventata di rinnovamento che punta a colmare il gap con le altre rassegne nel rapporto con il pubblico dei non addetti ai lavori

Siamo un festival d’arte cinematografica, legato al cinema d’autore: nessun titolo selezionato sfugge a questa definizione”. Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema di Venezia per il quinto anno di fila, non ha usato mezzi termini nel rivendicare l’identità del più antico cine-festival del mondo, in occasione della presentazione del programma della 73esima edizione all’Hotel Excelsior di Roma.
Quasi un richiamo a chi troppo spesso vede in Venezia l’espressione di un elitarismo un po’ demodé nell’epoca della demenza da Pokémon Go. E per ribadire con autorevolezza (quasi con veemenza se leggiamo alcuni nomi schierati in quella che potremmo definire una battaglia culturale) la specificità di un festival che vuole svolgere una funzione di vetrina dell’arte cinematografica fin dalla sua nascita, il direttore e il suo staff hanno messo in piedi un programma certamente entusiasmante, magari con alcune incognite di troppo e con un cinema americano fin troppo protagonista, in cui spiccano comunque alcuni tra i cineasti più importanti in circolazione, in tutti gli ambiti (cinema di finzione, di ricerca e documentaristico). Ma Venezia, a ben guardare la sua selezione numero 73 fatta di 56 film e alcune novità importanti, non vuole arroccarsi nella sua torre d’avorio, ma anzi Barbera e co. aprono le sue porte, accogliendo forme di racconto di registi emergenti che, pur possedendo una cifra autoriale, non disdegnano il grande pubblico, e soprattutto provando a rigenerare la partecipazione al festival attraverso iniziative che promettono di cambiare il volto della Mostra proiettandola nella modernità nel rapporto con gli spettatori dei non addetti ai lavori.

Il concorso.Abbiamo scelto film non convenzionali, diretti da autori che si misurano con i generi per superarli, per andare oltre di essi”, afferma Barbera. “Venezia 73 ha intercettato una certa tendenza dei registi a realizzare sempre più spesso film di genere – western, sci-fi, commedie – dietro cui gli autori celano un’indagine del nostro presente mettendo in risalto elementi della realtà in cui viviamo. Il filo roso che lega le opere è la riflessione sui grandi temi dell’esistenza”.
A contendersi il Leone d’oro assegnato da una giuria presieduta da Sam Mendes ci saranno autori del calibro di Pablo Larrain (“il suo nuovo film è un ritratto di Jacqueline Kennedy nei quattro giorni successivi l’uccisione di John Fitzgerald”, rivela Barbera), Lav Diaz con un’altra delle sue opere fluviali, Wim Wenders, Terrence Malick con l’attesissimo documentario Voyage of Time (“una straordinaria opera visionaria, la cui lavorazione è durata 10 anni, un film che osa raccontare la Genesi dell’Universo con un mix di riprese scientifiche, sintesi al computer e immagini della quotidianità”), Emir Kusturica che firma un nuovo lungometraggio dopo quasi 10 anni, Andrei Konchalovsky (“il regista russo torna in Concorso con una riflessione sull’Olocausto che analizza le responsabilità dell’individuo di fronte alle violenze della Storia”) e François Ozon (“che parla delle guerre di oggi in un film ambientato durante il primo conflitto mondiale”).
Grandi aspettative nei registi che rappresenteranno quella parte di cinema a stelle e strisce che coltiva una cifra personale nel contesto delle esigenze del mercato: vedremo quale delle due anime prevarrà sull’altra. Ci riferiamo a Damien Chazelle (che aprirà la kermesse con il musical La La Land), Denis Villeneuve (“Arrival è il Cinema che incontra gli alieni: come se Malick avesse diretto Incontri ravvicinati del terzo tipo”), Derek Cianfrance, Tom Ford e Ana Lily Amirpour (attesa alla prova del nove con il distopico The Bad Batch, dopo il convincente esordio di A Girl Walks Home Alone at Night), ai quali è chiaro che Venezia chiede non solo storie convincenti per il grande schermo, ma anche la presenza dei divi sul red carpet, l’attenzione della stampa internazionale, il richiamo del pubblico più giovane.
La sorpresa potrebbe essere l’olandese Martin Koolhoven, al suo esordio a Venezia con Brimstone, un western girato in Europa con attori americani che parla dei fondamenti della società.
L’Asia riduce le sue forze a quasi zero se escludiamo il sommo Lav Diaz, mentre l’America Latina è ben rappresentata da tre film, a conferma di quanto affermato da Barbera un anno fa riguardo la vitalità del Sud America che sembra aver sostituito quella dell’Estremo Oriente. “Amat Escalante ci regala un film dai risvolti incredibili che fornisce un ritratto degli strati più poveri della società”, spiega il direttore. “Il cileno El Christo ciego di Christopher Murray è l’unica opera prima in Concorso: una parabola cristologica ambientata tra le miniere di un Cile rurale, un’opera che lascerà il segno e che sarebbe piaciuta a Pasolini”. Il terzo titolo sudamericano è tutto un’incognita e porta la firma di Mariano Cohn e Gaston Duprat, al loro esordio in uno dei tre grandi festival europei.
Il francese Stephane Brizé, reduce dalla discreta prova di La legge del mercato passato a Cannes nel 2015, si rimette in gioco a Venezia con l'adattamento di un romanzo di Guy de Maupassant Une vie, film in costume che ripercorre la storia di Jeanne du Perthuis des Vauds tra i suoi 18 e 45 anni nella Normandia della prima metà del XIX secolo.
Per l’Italia ci saranno: Giuseppe Piccioni con quello che Barbera definisce “il suo film più bello e ambizioso”; Roan Johnson, autore di “una commedia che è un coming of age, una scommessa su cui abbiamo deciso di puntare”; Martina Parenti e Massimo D’Anolfi, “una coppia milanese che ha diretto un documentario a basso costo, 120.000 euro, girato in mezzo mondo, una sorta di cosmologia sul senso della vita che mostra una potenza concettuale a cui in Italia non siamo abituati”. A proposito dei film italiani, il comitato di selezione ha visionato 126 lavori nazionali: “troppi, alla fine abbiamo scelto i più coraggiosi, quelli che mostravano maggiore convinzione nell’uscire dai soliti schemi della commedia. Purtroppo in Italia si punta più sulla quantità che sulla qualità”.

Gli altri nomi fuori competizione. La proposta cinematografica della Mostra non si esaurisce tutta nel concorso: è uno scrigno ricco di nomi interessanti e di potenziali sorprese anche fuori dalla competizione ufficiale. A partire dal Fuori Concorso, dove c’è la nuova promessa del cinema francese Rebecca Zlotowski, che con i suoi due film precedenti aveva impressionato positivamente a Cannes. Al suo fianco troviamo, tra gli altri, Paolo Sorrentino, di cui vedremo i primi due episodi del suo esordio nella serialità televisiva The Young Pope, il grande Amir Naderi con un film tutto italiano, Kim Jee-woon che ha diretto un action-movie sulla resistenza coreana contro l’occupazione giapponese, Yasushi Kawamura con un film d’animazione tratto da uno dei più popolari manga in Giappone, il redivivo Mel Gibson e Antoine Fuqua (il suo remake de I magnifici sette – a sua volta rifacimento de I sette samurai di Akira Kurosawa – prima aprirà Toronto e poi chiuderà Venezia: caso unico che mostra una – preoccupante? – rinuncia da parte della rassegna lidense ad avere l’anteprima mondiale di un film condiviso con il festival canadese).
Una parte del Fuori Concorso è interamente dedicata ai documentari: vale la pena di citare la presenza di tre registi che fanno venire l’acquolina in bocca ad ogni buon cinefilo, ovvero Andrew Dominik (che alcuni anni fa regalò un superbo western al pubblico della Mostra, L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford), Ulrich Seidl e Sergei Loznitsa.
In Orizzonti, che Barbera definisce come “la sezione del nuovo cinema in cui vedremo i registi percorrere strade rischiose”, balzano all'occhio i nomi di Wang Bing, uno dei più grandi documentaristi contemporanei, Rama Burshtein (già a Venezia con il suo primo film La sposa promessa) e il geniale duo Peter Brosens-Jessica Woodworth, che ritorna al Lido dopo aver diviso la critica con La quinta stagione.
Nessuna traccia di Martin Scorsese e Clint Eastwood, di cui si era vociferata una possibile partecipazione alla Mostra. “Il primo terminerà il film pochi giorni prima dall’uscita a dicembre, il secondo ha deciso da tempo di non andare più in giro per i festival”.
Piccolo aneddoto. Tanti i no di Barbera ai pretendenti a un posto nel cartellone di Venezia 73. Pare che l’annata particolarmente ricca di buoni film abbia alzato l’asticella dei criteri di ammissione. “Molti sono incazzati neri con me”, rivela Barbera. ”Uno mi ha addirittura inviato un pacco con sei preservativi perché avevo rifiutato un suo cortometraggio”.

La svolta. La vera grande novità di Venezia 73 è rappresentata dall’introduzione di Cinema nel Giardino, una sezione che potrà contare su una nuova sala da 440 posti. La struttura sarà allestita nell’ambito di una riqualificazione generale della zona sopra il famigerato buco su cui doveva sorgere il nuovo Palazzo del Cinema e che per anni ha deturpato la zona intorno al Casinò. “Presenteremo titoli che vogliono attrarre il pubblico che non può entrare nelle sale delle proiezioni ufficiali”, sottolinea Barbera. “I film di questa sezione saranno a cavallo tra cinema d’autore e cinema capace di coinvolgere un pubblico vasto. Insomma un cinema che potrei definire intermedio, ossia che coniuga un approccio artistico e uno popolare. Le proiezioni saranno gratis e saranno accompagnate da registi e attori che interverranno per parlare dei film. Ad esempio Dario Argento e Nicolas Winding Refn presenteranno insieme il restauro di Dawn of The Dead di George A. Romero nella sua versione europea da quasi due ore”. Perché parliamo di una novità importante? Perché, preso atto che ormai il pubblico – così come la società – è composto sempre di più da tante nicchie incapaci di mettersi in discussione dialogando tra di loro, Venezia spera con questa iniziativa di portare a casa un duplice risultato, mettendo a tacere l’accusa di elitarismo di cui parlavamo all’inizio: da una parte tenta di ripopolare la zona del festival con un’offerta che possa attrarre un pubblico numeroso di non addetti ai lavori (di cui a dir il vero si sente la mancanza da ormai una decina d’anni), dall’altra parte cerca di mettersi al passo di altri festival che hanno ridefinito il rapporto con il pubblico facendo cadere gli steccati che separavano gli spettatori dal contatto con registi e attori.
Ma non dimentichiamo anche le agevolazioni per il pubblico giovane, con accrediti e tessere promozionali per tutti gli studenti universitari italiani e stranieri e per gli under 26 che rafforzano il tentativo di Venezia di tornare ad essere una calamita per gli chi vuole avvicinarsi a quel rito intramontabile della visione collettiva davanti uno schermo che proietta opere per lo più fuori dalle logiche commerciali.
Quello che potrebbe venirne fuori è una Mostra ancora più forte, più trasversale, più attrattiva per le produzioni votate a un sano cinema popolare. Qualcosa che non avrebbe paragoni nel panorama festivaliero attuale, diviso tra cattedrali del cinema d’autore già consacrato e avamposti della fruizione filmica per tutti dove il pubblico vede, magari sceglie anche i premi da assegnare e diventa (in)consapevolmente oggetto di un test per le strategie commerciali delle case di produzione. Oppure forse Cinema nel Giardino potrebbe trasformarsi in uno specchietto per le allodole. Dipenderà dalla bontà dell’offerta. Ma già a partire da quest’anno, con gente come James Franco seguito da Selena Gomez (ricordate il delirante Spring Breakers?) e Kim Ki-duk, le premesse lasciano sperare per il meglio.

In conclusione, Venezia torna a ruggire prendendosi dei rischi (calcolati?) e proiettandosi nel futuro: il banco di prova sarà sempre il grande schermo.

Tutti i film in programma alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia:

CONCORSO

"La La Land", Damien Chazelle, (Usa) - film di apertura

"The Bad Batch", Ana Lily Amirpour (Usa)

"Une Vie", Stéphane Brizé, (Francia, Belgio)

"The light between oceans", Derek Cianfrance (Usa, Australia, Nuova Zelanda)  

"El ciudadano ilustre", Mariano Cohn, Gaston Duprat (Argentina, Spagna)

"Spira mirabilis", Massimo D'Anolfi, Martina Parenti (Italia, Svizzera) - documentario

"The woman who left", Lav Diaz, (Filippine)

"La region salvaje", Amat Escalante (Messico)

"Nocturnal animals", Tom Ford (Usa) 

"Piuma", Roan Johnson (Italia)

"Paradise", Andrei Konchalovsky (Russia, Germania)

"Brimstone", Martin Koolhoven (Paesi Bassi, Germania, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Svezia)

"On the milky road", Emir Kusturica (Serbia, Gran Bretagna, Usa)

"Voyage of time", Terrence Malick, (Usa, Germania) - documentario

"El Cristo ciego", Christopher Murray, (Cile, Francia)

"Frantz", François Ozon (Francia, Germania)

"Questo giorni", Giuseppe Piccioni (Italia)

"Arrival", Denis Villeneuve (Usa)

"Les beaux jours d'Aranjuez" (3D), Win Wenders (Francia, Germania) 

“Jackie”, Pablo Larrain (Usa, Cile)

 

FUORI CONCORSO

 

FICTION

"The Bleeder", Philippe Falardeau (Usa, Canada)

"The Magnificent Seven", Antoine Fuqua (Usa) - film di chiusura

"Hacksaw Ridge", Mel Gibson (Usa, Australia)

"The Journey", Nick Hamm (Gran Bretagna)

"À jamais", Benoit Jacquot (Francia, Portogallo)

"Gantz:O", Kawamura Yasushi (Giappone) - film d'animazione

"The Age of Shadows", Kim Jee woon (Corea del Sud)

"Monte", Amir Naderi (Italia, Usa, Francia)

"Tommaso", Kim Rossi Stuart (Italia)

NON-FICTION

"Our war", Bruno Chiaravallotti, Claudio Jampaglia, Benedetta Argentieri (Italia, Usa) - documentario

"I called him Morgan", Kasper Collin (Svezia, Usa) - documentario

"One more time with feeling (3D)", Nick Cave (Gran Bretagna) - documentario

"Austerlitz" (Germania) - documentario

"Assalto al cielo" (Italia) - documentario

"Safari" (Austria, Danimarca) - documentario

"American Anarchist" (Usa) - documentario

EVENTI SPECIALI

"The Young Pope" (Episodi I e II), Paolo Sorrentino (Italia, Francia, Spagna, Usa)

Si aggiunge alla Selezione Ufficiale:

“Planetarium”, Rebecca Zlotowski (Francia, Belgio)

 

ORIZZONTI 


"Tarde para la ira", Raúl Arévalo (Spagna)

"King of the Belgians", Peter Brosens, Jessica Woodworth (Belgio, Paesi Bassi, Bulgaria)

"Through the wall", Rama Burshtein (Israele)

"Liberami", Federica Di Giacomo (Italia, Francia)

"Big Big World", Reha Erdem (Turchia)

"Gukoroku", Ishikawa Kei (Giappone)

"Maudite poutine", Karl Lemieux (Canada)

"São Jorge", Marco Martins (Portogallo, Francia)

"Dawson city: frozen time", Bill Morrison (Usa, Francia)

"Réparer les vivants", Katell Quillévéré (Francia, Belgio)

"White Sun", Deepak Rauniyar (Nepal, Usa, Qatar, Paesi Bassi)

"Malaria", Parvi Shahbazi (Iran)

"Kékszakállú", Gastón Solnicki (Argentina)

"Home", Fien Troch (Belgio)

"Die Einsiedler", Ronny Trocker (Germania, Austria)

"Il più grande sogno", Michele Vannucci (Italia)

"Boys in the Trees", Nicholas Verso (Australia)

"Bitter Monkey", Wang Bing (Cina) - documentario

PROIEZIONE SPECIALE FUORI CONCORSO

"Dark Night", Tim Sutton (Usa)

 

BIENNALE COLLEGE CINEMA

“Orecchie”, Alessandro Aronadio (Italia)

“Hotel Salvation”, Shubhashish Bhutiani (India)

“Una hermana”, Sofia Brokenshire, Verena Kuri (Argentina)

“La soledad”, Jorge Thielen-Armand (Venezuela)

CINEMA NEL GIARDINO

“Inseparables”, Marcos Carnevale (Argentina)

“Franca: Chaos and Creation”, Francesco Carrozzini (Italia, Usa)

“In dubious battle”, James Franco (Usa)

“The Net”, Kim Ki-duk (Corea del Sud)

“L'estate addosso”, Gabriele Muccino (Italia)

“The Secret life of pets” (3D), Chris Renaud, Yarrow Cheney (Usa) – film d'animazione

“Robinù”, Michele Santoro (Italia) – documentario

“My art”, Laurie Simmons (Usa)


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