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Oculus - Recensione

La storia della distruzione di una tranquilla famiglia di periferia attraverso la prospettiva dell'horror: Mike Flanagan ricava da un suo corto un film capace di mantenere alta la tensione dall'inizio alla fine, senza abusare dei soliti cliché del genere

Il problema principale dei film horror è che spesso ricadono in molti cliché del genere, hanno una regia poco brillante o una recitazione debole, senza riuscire ad offrire al pubblico qualche cosa di nuovo o, comunque, di interessante. Oculus di Mike Flanagan potrebbe rappresentare una piccola eccezione.
Ispirato ad un cortometraggio dello stesso regista, il film  parla di uno specchio con uno strano potere, mai spiegato nel dettaglio: quello di 'uccidere' tutti i suoi proprietari. La storia è incentrata su Tim, rinchiuso in un ospedale psichiatrico per aver ucciso il padre dopo aver assistito all’omicidio della madre per mano dell'uomo, e su Kaylie, sua sorella che è determinata a dimostrare che in realtà è stato lo specchio ad uccidere i suoi genitori. All’uscita di Tim dalla casa di cura, Kaylie organizza un piano per dimostrare come lo specchio sia artefice della morte dei suoi genitori, cercando di capire quali sono i poteri effettivi dell’oggetto sovrannaturale.
La storia risulta interessante: sin da subito Kaylie si dimostra lievemente distante dagli stereotipi dei film horror (quelli in cui i protagonisti si gettano a capofitto senza alcuna preparazione in situazioni con forze sovrannaturali che hanno dimostrato di aver già ucciso altre persone) per il modo in cui prepara molti sistemi di difesa contro lo specchio. Durante lo sviluppo narrativo lo spettatore si ritrova a passare da scene ambientate nel presente a scene nel passato che servono per poter spiegare la vicenda legata ai genitori dei due fratelli. L’alternarsi dei due tempi è gestita con grande scioltezza e senso del ritmo: le transizioni sono letteralmente minime e lasciano al film un grande senso di continuità. Il merito è della regia, che si sforza di andare oltre i minimi sindacali. Saranno molte le volte in cui il pubblico sentirà di non avere punti di riferimento, in quanto il regista cerca (riuscendoci piuttosto bene) di giocare di sottrazione mentre tenta di farlo immedesimare nella situazione vissuta dai fratelli trasmettendo la loro difficoltà di distinguere tra ciò che è reale e ciò che non lo è.
I volti dei fratelli sono di Karen Gillan, conosciuta principalmente per la parte di Amy Pond nella serie tv britannica Doctor Who, e di Brenton Thwaites, attore ancora alle prime armi ma presente in svariati film di prossima uscita. I due interpreti riescono a convincere nella loro recitazione, riuscendo a rendere bene sullo schermo l’idea dell’ossessione di Kaylie verso lo specchio e del continuo cercare rifugio da parte di Tim negli anni passati nella casa di cura. Per quanto riguarda il fattore paura, si ricorre principalmente alla tensione, al non sapere cosa stia succedendo fino alla fine. Sono presenti, anche se in numero irrisorio, i cosiddetti jump scare, di cui però non si abusa mai.

Oculus è dunque un valido horror che presenta una recitazione di buon livello e un'estetica efficace, e che tiene per tutta la durata lo spettatore incollato alla sedia in attesa di conoscere la risoluzione finale degli eventi. Vale decisamente la pena di vederlo, anche se non rientra tra i migliori incubi ad occhi parti della storia del cinema.

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