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Machete Kills - Recensione

Più teste mozzate e budella, meno scene di sesso e zero aggressività politica. Questa la ricetta di Robert Rodriguez per il secondo film sul personaggio nato dal falso trailer di Grindhouse - Planet Terror. Ne esce un piatto più insipido, come nella tradizione dei sequel, forse destinato ai bimbi cresciuti con gli Spy Kids

Robert Rodriguez è affezionato ai numeri due (e tre, quattro, ecc.): tre El Mariachi, quattro Spy Kids, due Machete e, a breve, anche due Sin City. Ci crede. A differenza di tanti colleghi, ci tiene a girarli personalmente, non teme l’inevitabile confronto col precedente successo e riesce così a mantenere un’identità perlomeno stilistica. Sa che la carica innovativa e originale dei numeri uno è andata e si accontenta di replicare il già visto moltiplicando le gag, i punti di appeal e le proprie entrate.
In Machete Kills ritroviamo il granitico Danny Treyo in missione per conto del Presidente degli Stati Uniti (Carlos Estévez, alias Charlie Sheen con, per la prima volta, il suo vero nome). Deve andare in Messico, trovare e uccidere un ex agente infiltrato e impazzito (Demián Bichir) che minaccia Washington con una testata nucleare. Le cose, ovviamente, si complicano: il detonatore della bomba è collegato al cuore dell'agente, chi la può disinnescare è un mercante d'armi (Mel Gibson) ancora più folle, un feroce cacciatore di taglie dai molteplici volti, tra i quali quelli di Lady Gaga e Antonio Banderas, lo vuole morto. Riuscirà il nostro rughespressivo eroe a salvare se stesso e il mondo?
C'era molta attesa per questo sequel. Dell'operazione Grindhouse, Machete era stato forse il prodotto più riuscito. Meno omaggiante di A prova di morte di Quentin Tarantino, meno 'filologico' di Planet Terror, complice forse una sceneggiatura più rivolta a un pubblico adulto, il primo episodio scorreva su binari plausibili nei contesti e cialtroni nelle conclusioni, come da modello. E funzionava. In questo si è voluto strafare, non nella direzione legittima e attesa di ingrassare le stesse carni, ma nel caricare ed estremizzare l'aspetto grottesco dei personaggi e della vicenda. Nelle poche frasi che pronuncia, ora il protagonista parla sempre di sé alla terza persona (Machete non twitta, Machete non fuma, Machete vuol bene a tutti). La trama vira, con scatti fin troppo percettibili, dall'action trash verso lo sci-fi parodistico del preannunciato (con due trailer) prossimo episodio. Il cacciatore di taglie non esita a plagiare l'indimenticabile Stanislao Moulinsky del compianto Bonvi e a trasformarsi, togliendosi la maschera e con due scossoni al busto, da nerboruto omaccione in esile ragazza. Si sorride, qua e là, specialmente nella prima parte, ma nell'incidere della storia, lo spostamento progressivo verso il surreale fagocita il trash e diventa estraniante. Se si aggiunge la deriva ‘politically correct’, che edulcora la sfrontata maleducazione sessuale e politica dell’esordio in un umorismo da canonica progressista, si capisce perché anche Noia e Sopore, convitati di pietra di ogni film d’azione, spuntino a sorpresa dal mastello dei pop corn.

Non si sa come finirà la trilogia, ma non ci sarebbe da stupirsi, per un regista che ha fatto dell'ibrido e dell'ambiguità la propria poetica, nel vederla confluire dentro la saga di Spy Kids, con Machete che si riprende il titolo di zio e KillJoy (Alex Vega, alias Carmen Cortez) che si fa aiutare dai figli Ingrid e Juni, sempre Spy ma non più Kids, a salvare la Galassia.

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