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Venezia 70 Future Reloaded - Recensione (Venezia 70 - Fuori Concorso)

Film collettivo per i 70 anni della Mostra del Cinema di Venezia che vuole anche essere una riflessione sul futuro del cinema. Il risultato soddisfa solo in alcuni maggiormente ispirati come quello di Tsukamoto, Maoz ed Egoyan

Il più lungo, si fa per dire, è quello di Todd Solondz: 184 secondi. Il geniale, corrosivo regista americano spiazza tutti con un corto ambientato tra un secolo: un corso di cinema al computer con caratteri cinesi. Poco più di tre minuti, circa il doppio della media degli altri cortometraggi che compongono Venezia 70 – Future Reloaded. Un omaggio d’autore collettivo alla Mostra del Cinema (che raggiunge l’importante traguardo delle 70 edizioni). Autori diversi per età, esperienze, provenienza geografica, stile e genere. Settanta cortometraggi, davvero corti, per i settanta anni della Mostra del Cinema.
Atto d’amore, di riconoscenza (alcuni hanno vinto anche il Leone d’Oro) ma anche sfida difficile. Concentrare in una manciata di secondi, di immagini, un’idea. E tra i registi c’è chi non è abituato alle 'brevi distanze'. Basta pensare a Lav Diaz, ai suoi film-fiume, o a Wang Bing e ai suoi documentari (tra pochi giorni presenterà, Fuori concorso, il suo ultimo lavoro: durata 227 minuti). Roba da legge del contrappasso. Un omaggio, ma anche una riflessione sul cinema, sul suo futuro, attraverso la sensibilità di ciascun regista. Un futuro da definire per Paul Schrader, che deve partire dagli occhi dei grandi del cinema che il futuro lo hanno visto prima per Peter Ho-sun Chan, da ritrovare negli occhi di chi guarda nel bel lavoro di Jia Zhang-ke. Ci sono divertenti omaggi come quello Franco Maresco, impossibile non ridere, il brillante corto di Samuel Maoz con un signore ormai anzianotto (il cinema ovviamente) a cui vengono asportati rotoli di pellicola, Hong Sang-soo che si riconosce dal primo fotogramma, così come Atom Egoyan (tra i migliori il suo cortometraggio) che indaga come già fatto in alcuni suoi lungometraggi su identità e memoria. E poi Shinya Tsukamoto che sorprende con un delizioso corto riprendendo il figlio che giocando sembra costruire una sceneggiatura perfetta.

In generale però troppo poco per conquistare. Molti dei cortometraggi appaiono poco ispirati, spesso come semplici istantanee troppo autoreferenziali che lasciano perplesso lo spettatore. Per il futuro del cinema non resta che intonare, come si ascolta in addirittura due dei settanta cortometraggi: Que sera sera.

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