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Quod erat demonstrandum - Recensione (Festival di Roma 2013 - Concorso)

La Romania di Ceaucescu in un ritratto che fa i conti con un passato a tinte fosche. Bel compitino, ma poco coraggioso e abbastanza prevedibile

Romania, anni Ottanta. Elena Buciamunu cerca di ottenere il permesso di lasciare il Paese con il figlio per raggiungere il marito espatriato in Francia. La riunificazione familiare è prevista dalle legge della Repubblica socialista rumena, ma ottenere il visto non è facile. La vicenda di Elena si lega a quella dell’amico Sorin Parvu, un matematico che vuole pubblicare i risultati di una sua ricerca ma trova difficoltà in patria dove è tenuto d’occhio dal Dipartimento di sicurezza.
Una delle linee guida del cinema rumeno di questi ultimi anni sembra tendere in direzione della realizzazione di opere che in qualche modo fanno i conti con il passato recente, quello connotato dal regime. Un po’ come accade in un’altra delle cinematografie capaci di produrre alcuni dei lavori più interessanti delle ultime stagioni, quella cilena. Il racconto attraverso piccole storie della Storia del paese, che traspare sullo sfondo in maniera più o meno evidente. Dittature 'morbide', ma pur sempre regimi oppressivi, capaci con i loro tentacoli di condizionare le vite della popolazione.
Qua è l’occhio o meglio l’orecchio della Securidare di Ceausescu che come un arbitro ha il potere di suggestionare libertà, carriera e sentimenti nella partita della vita dell’individuo. Di indurre al tradimento. Costrizioni in fondo presenti anche in società apertamente democratiche dove gli esseri umani si trovano non di rado costretti a compromessi. Raccontare questo, probabilmente, era uno degli obiettivi che si è proposto il regista e sceneggiatore Andrei Gruzsniczki attraverso un lungometraggio ben realizzato, con una bella curata dei dettagli delle ambientazioni capaci di richiamare con efficacia quell’epoca e un bianco e nero che aiuta. Purtroppo però di grigio non c’è solo il colore delle immagini, ma risulta alla fine così anche il film, senza particolari pecche, però nel complesso debole.

Onesto nella forma e nei contenuti, ma poco coraggioso e abbastanza prevedibile. E se la visione risulta ampiamente godibile, lascia poca traccia usciti dalla sala. Per un solco più profondo e duraturo nella pancia e nella testa dello spettatore servono film con forza ben maggiore.

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