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Incontro con Wes Anderson

Cinema italiano, The Grand Budapest Hotel e progetti per il futuro: Wes Anderson si racconta in occasione della presentazione del suo nuovo cortometraggio Castello Cavalcanti al Festival del Film di Roma 2013. Con lui Roman Coppola e Jason Schwartzman

La fila comincia a formarsi più di due ore prima l’orario fissato nel programma. Sono gli accreditati delle varie categorie, senza biglietto, che non vogliono perdersi l’incontro più atteso di tutto il Festival del Film di Roma 2013: quello con Wes Anderson. Il regista americano si presenta all’Auditorium, sul palco della Sala Petrassi, con Roman Coppola e Jason Schwartzman, rispettivamente produttore e protagonista del suo cortometraggio Castello Cavalcanti che viene presentato in anteprima mondiale a Roma (ora disponibile anche sul sito di Prada che sostiene il progetto).
Nel settembre del 1955 il pilota americano Jed Cavalcanti, durante la corsa Molte Miglia, ha un incidente in una cittadina italiana, quella dei suoi antenati. Questa la sinossi del corto girato a Cinecittà “che prende ispirazione da una scena di Amarcord”, spiega Anderson. Il regista parla dell’amore per il grande cinema italiano di una volta, per Federico Fellini prima di tutto, ma anche per Pietro Germi. Dal pubblico arriva quindi inevitabilmente la domanda sul presente: “Arrivano da noi in realtà pochi film italiani – sottolinea l’autore americano –. Ho trovato bellissimo Gomorra, mi piacciono tutti i film di Paolo Sorrentino e l’ultimo, La grande bellezza, per me è il suo migliore. Toni Servillo è straordinario. E poi sono amico di Nanni Moretti”.
Le curiosità delle persone che in sala riescono a parlare direttamente con Anderson toccano diversi aspetti. Ovviamente anche il suo nuovo lavoro, The Grand Budapest Hotel, che aprirà il prossimo Festival di Berlino. Il regista si limita a fornire qualche indicazione sulle location, “abbiamo girato in Germania e Polonia”, sul protagonista, “Ralph Fiennes che è il portiere dell’albergo”, e sulle musiche, “sonorità che rimandono all’Europa orientale filtrate attraverso l’orecchio del compositore francese Alexander Desplat”.
Si parla poi di 3D, d’animazione. Niente di particolare da annotare, ma il clima formatosi è di quelli che rende piacevole un incontro. Per i fan ovviamente, ma anche per il protagonista. Appare divertito Anderson, che tornando al cortometraggio non esclude sia il primo capitolo di un vero film e presenta anche la possibilità di una serie di corti girati negli Studio che hanno fatto la storia del cinema sparsi per il mondo, quelli dove hanno lavorato i più grandi registi. Come appunto Fellini a Cinecittà.
Non c’è più tempo. Molti con le mani alzate non hanno la possibilità di chiedere qualcosa al regista. Dopo la risposta all’ultima domanda in tantissimi si lanciano sotto il palco alla caccia di un autografo di Anderson. Copertine di DVD, semplici fogli, persino oggetti che fanno riferimento a qualche suo film come un binocolo che sembra quello di Moonrise Kingdom. Il regista si presta con grande disponibilità e tutti o quasi escono con il loro trofeo, ricordo di una giornata speciale.

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