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Wolf Children - Recensione

Al cinema il 13 novembre, solo per un giorno, il nuovo lungometraggio d'animazione di Mamoru Hosoda che, pur con qualche problema nello sviluppo narrativo, in tutto l'arco del film conferma il talento di uno degli eredi (presunti) di Hayao Miyazaki

Da anni ormai, ben prima del ritiro ufficializzato di recente, si parla o meglio si cerca un possibile erede di Hayao Miyazaki. Dentro lo Studio Ghibli, ma non solo. Tra i più credibili, fermo restando la quasi impossibilità di raggiungere il livello del dio dell'animazione, c'è Mamoru Hosoda. Dopo un passato nella casa di produzione simboleggiata da Totoro (lasciata pare proprio per problemi con il Maestro), Hosoda è diventato esponente di punta della Madhouse che ha prodotto negli ultimi anni alcuni lavori molto interessanti diretti dal regista e animatore giapponese. Dopo l'ottimo La ragazza che saltava nel tempo che lo ha fatto conoscere al pubblico, è arrivato qualche anno fa il simpatico, ma meno efficace, Summer Wars e più recentemente Wolf Children. Film che grazie a Nexo Digital arriva adesso nelle sale italiane.
Lodevole l'iniziativa della casa di distribuzione che in collaborazione con Dynit ha già portato al cinema negli ultimi mesi alcuni film d'animazione e ora punta sull'anime di Mamoru Hosoda. L'appuntamento è per il 13 novembre, un solo giorno purtroppo, ma l'occasione è da sfruttare perché Wolf Children, pur presentando difetti nello sviluppo narrativo, risulta alla fine un buon film, anche se il miglior lavoro del regista resta La ragazza che saltava nel tempo.
La storia parte con la giovane Hana che conosce all'università un misterioso ragazzo del quale finisce per innamorarsi. Una sera il ragazzo le rivela il suo incredibile segreto: quello di essere un uomo lupo. Ma l'amore è più forte delle differenze e la coppia finisce anche per avere due bambini, Ame e Yuki, che come il padre possono trasformarsi in un lupo. L'uomo muore però tragicamente quando i figli sono ancora piccoli e Hana si trova costretta a crescere da sola i due bambini. Ben presto le difficoltà la spingono ad abbandonare la città per trasferirsi  in campagna, dove allevare i figli lontano da sguardi indiscreti.
L'elemento fantasy si inserisce nel genere slice of life dove Hosoda dimostra di avere buona sensibilità nel tratteggiare le relazioni tra i personaggi e lo scorrere del tempo con un certo realismo poetico. Questo soprattutto nella prima metà del film, sicuramente la migliore. Come già nei suoi lavori precedenti, il regista pecca nel non riuscire a mantenere lo stesso livello nella seconda parte dell'opera. Il film pone l'attenzione su vari elementi come la maternità, il ruolo dei genitori, il rapporto con i figli nel percorso di crescita. La figura della madre, esempio di spirito di sacrificio, di grande amore materno, emoziona e colpisce più della caratterizzazione, comunque buona  (anche se con sviluppi prevedibili) di Ame e Yuki, così diversi tra loro. Se la questione familiare è il cardine dell'opera, Hosoda non dimentica l'ambiente, il contesto sociale. E molto bella risulta la solidarietà della comunità del villaggio di contadini che dopo l'iniziale diffidenza, quando Hana si trasferisce con i figli in campagna, aiutano la donna. 

Alla fine, grazie anche al lavoro tecnico di gran livello (animazioni, paesaggi, musiche... tutto funzionale), un buon film che sarebbe potuto essere ottimo senza qualche passaggio a vuoto nella seconda parte. Difetto che si fa perdonare comunque per la capacità di emozionare lo spettatore.

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