The Weight (Venezia 69 - Giornate degli Autori)
- Scritto da Michele Arienti
- Pubblicato in Asia
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Il corpo è la zavorra che rallenta il viaggio psicologico verso la realizzazione personale, è un freno a mano sempre tirato sul divenire. Questo il concetto portante di un film tragico, spietato e romantico fatto di persone in bilico tra il volersene liberare e l'accettarne l'inadeguatezza ed accontentarsi. Una pellicola di rassegnazione fatta di estremi visivi, emotivi ed umani disturbanti e commoventi
Il regista Jeon Kyu-hwan, tramite i suoi personaggi, si sofferma su questo equilibrio facendo grondare sangue dal rasoio e si domanda quale sia la strada maestra da seguire. Considerando che la vita di chiunque si svolge soprattutto in spazi mentali, nel caso di un corpo che continua a remare contro, cosa preferire? Il compromesso? Estraniarsi? L'alienazione? Rinunciare e trascinarsi avanti? O il tagliare tutti i fili in un colpo solo?
L'amore di due fratellastri, che non si potrà che compiere bruciando nelle fiamme del dolore. L'odio, la solitudine e la fragilità di una vita deturpata da un fisico deforme. La rassegnazione che sfocia in arte, una gobba che è letteralmente il peso non metaforico delle classi sociali più basse, la solitudine che si esaurisce nella perversione e l'intolleranza che costringe all'autolesionismo. Scene visionarie, il clima freddo dell'obitorio, la carica sessuale che non molla mai nessuno, la pittura, la musica classica e la luce riflessa dei neon. Scene culto come i balletti dei gobbi, scene che fanno venire il magone, come nel tragico finale e scene edificanti e divertenti come lo sguardo benevolo del gentilissimo imbalsamatore.
Un gran film, scambiato per violento, trash e di cattivo gusto che invece sfrutta quegli strumenti per mandare in tilt il pubblico occasionale e mandare in visibilio lo spettatore esperto.
Peccato per quegli ultimi due minuti finali - quelle maledette farfalle multicolore - che da soli riescono quasi a rovinare quanto di buono creato a livello emotivo fino a quel momento. Fosse finito un attimo prima sarebbe stato promosso col massimo dei voti.
Vite senza speranza, un film senza risposte, che conferma che la vita è l'inferno e la morte un atto d'amore verso una vita migliore che, visto da fuori, è anche peggio. Consigliato!