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Captive

Brillante Mendoza prende spunto da un evento di undici anni fa per raccontare la lotta per la sopravvivenza di un gruppo di rapiti in frequente confronto coi rapitori. Film ben fatto ma che manca di calore

Presentato al Festival di Berlino del 2012 e uscito nelle sale soltanto in Francia e Filippine e in pochi altri paesi, giunge sugli schermi italiani Captive di Brillante Mendoza, lavoro che prende spunto da un fatto avvenuto undici anni or sono nell'arcipelago delle Filippine, dove alcuni guerriglieri islamici rapirono un gruppo di persone tra le quali alcuni occidentali impegnati in missioni umanitarie.
Il film è il racconto condensato in due ore di un'odissea durata un anno tra fughe in mare e lunghe peregrinazioni nella foresta. Mendoza cerca anche in un lavoro tutto sommato atipico per lui di mantenere quel profilo incentrato sul realismo che contraddistingue il suo modo di intendere il racconto cinematografico: operazione che per larga parte riesce, ma che offre un risultato piuttosto convenzionale, privo di quegli spunti, a volte fortemente spiazzanti, cui il cineasta filippino ci ha abituati.
I connotati del genere ci sono tutti: il rapporto di mutua dipendenza che si crea tra rapitori e vittime, il diverso modo di intendere quasi tutto dettato anche dalle diversità religiose, l'idealismo estremo dei guerriglieri che vivono del fiancheggiamento delle popolazioni locali contrapposto all'istinto di sopravvivenza che guida invece le gesta dei prigionieri, le diversità culturali che tendono ad entrare in collisione, il ruolo delle forze governative più interessate a mettere fine all'attività di guerriglia che a portare realmente in salvo i rapiti. Tutto viene svolto da Mendoza con precisione, utilizzando ambientazioni e situazioni credibili; però, come detto, al film manca quell'impronta, neppure accennata, che regali qualcosa che sia più coinvolgente e penetrante.
Ne viene fuori quindi un racconto di sopravvivenza che coinvolge reciprocamente carnefici e vittime, nel quale hanno spazio storie personali e riscontri sociali. Un racconto ritmato dall'insorgere di effimere speranze e di brusche disillusioni, nel quale c'è spazio anche per gesti che non ti aspetti in situazioni simili quali un matrimonio ed una veloce conversione all'Islam.

Film ben fatto, che porta l'impronta, seppure parziale, del regista filippino, ma che in fondo in fondo non riesce a scaldare il cuore e rimane ad un livello di freddezza un po' troppo elevato.

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