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Cannes, Venezia, Toronto: quanti e quali festival di cinema per il 2020?

Da Berlino alla Mostra, il 2020 si ricorderà come un anno in cui pochi festival di cinema sono sopravvissuti al Covid-19. È davvero impossibile pensare, però, che i festival da maggio a novembre si potranno svolgere? E questi che decisioni hanno preso per il loro presente, se ne hanno prese, e quanto possono essere realistiche?

Apparentemente nel 2020 solo Mohammad Rasoulof con il film There is No Evil è l'unico regista ad aver conquistato il premio più ambito a un festival internazionale. Il regista iraniano (che purtroppo non ha potuto ricevere nelle sue mani l'Orso d'oro perché non gli è stato concesso un permesso di viaggio fuori dall'Iran) ha trionfato al 70° Festival di Berlino, l'unico festival cinematografico che è si salvato dalle restrizioni prodotte per combattere il Covid-19. Il festival tedesco si è svolto, infatti, dal 20 febbraio all'1 marzo nella sua forma consolidata: proiezioni in sala, conferenze stampa, strette di mano, abbracci, commozioni varie e persone sedute o in piedi poste l'una vicino all'altra. Gli eventi contemporanei, invece, hanno dato e daranno sicuramente un nuovo volto ai festival del cinema, questo è certo. È probabile che siano al canto del cigno? Questo è già meno probabile, in quanto tutti i festival sono strettamente legati all'industria cinematografica che muove molti interessi economici, diplomatici e politici. A causa, quindi, del distanziamento sociale, dell'impossibilità di permettere assembramenti di persone e dalla necessaria e sempre più stringente cura sanitaria da applicare ai luoghi di aggregazione, queste kermesse devono ripensare la fruizione della loro offerta. Questo è, comunque, un discorso da svolgere in prospettiva, ma per il 2020 come si fa? Nel panorama internazionale per l'anno in corso dobbiamo solo accontentarci di non vedere più nessun altro regista che riceve il premio più ambito a un festival?

We Are One. A Global Film Festival. La risposta più immediata e celere a questa situazione di incertezza festivaliera è arrivata da Jane Rosenthal, cofondatrice e organizzatrice del Tribeca Film Festival. La produttrice ha chiamato i direttori di 20 festival nel mondo (Annecy International Animation Film Festival, Festival di Berlino, London Film Festival, Festival di Cannes, Festival di Guadalajara, Festival di Macao, Jerusalem Film Festival, Mumbai Film Festival, Karlovy Vary International Film Festival, Locarno Film Festival, Marrakech International Film Festival, New York Film Festival, Festival di San Sebastian, Sarajevo Film Festival, Sundance, Sydney Film Festival, Festival di Tokyo, Toronto Film Festival, Tribeca Film Festival e Mostra del Cinema di Venezia) chiedendogli di raccogliere una proposta di film delle rispettive kermesse da presentare gratuitamente su YouTube. La proposta si raccoglie sotto il nome di We Are One e i film saranno 'proiettati' dal 25 maggio al 6 giugno. Sarà, quindi, una rassegna virtuale che proporrà lungometraggi, corti, documentari, materiali d'archivio, più, probabilmente, qualche anteprima. Il calendario e il programma sono in fase di elaborazione. Jane Rosenthal ha avuto sicuramente un'ottima idea che può essere una buona base per fruire del cinema, portare in particolare quello dei festival a un pubblico sempre più vasto e puntare la loro attenzione sull'operato artistico di queste grandi manifestazioni. Buona idea, quindi, da ripetersi possibilmente ogni anno per integrare e accompagnare i festival.

Il Locarno Festival. È notizia di qualche giorno fa che il Consiglio Federale ha annullato tutte le manifestazioni cinematografiche inerenti al festival svizzero almeno fino a fine agosto (il Locarno Festival era in programma dal 5 al 15 agosto). Addio, quindi, per quest'anno alle proiezioni piene di magia cinematografica nel salotto buono di Locarno, la Piazza Grande. Il Festival, però, ha pensato di organizzare Locarno 2020 - For the Future of the Films, un'iniziativa a sostegno del cinema d'autore indipendente che prevede dei contenuti speciali visibili su diverse piattaforme online, e forse, anche qualche luogo fisico, gestito in totale sicurezza. Questa manifestazione, come hanno spiegato il direttore del Locarno Festival, Marco Solari, e il direttore artistico Lili Hinstin, serve a sostenere l'industria cinematografica svizzera e quella internazionale e soprattutto ribadire che il Locarno Festival è il collante tra l'industria e il pubblico.

Toronto Film Festival. Chi invece sembra dare più attenzione all'industria-cinema è Cameron Bailey, direttore artistico e coorganizzatore insieme a Joana Vicente del Festival di Toronto. Bailey si è preoccupato subito di comunicare che il festival si farà, seppur sarà necessario passare allo streaming. Il TIFF 2020 sarà, infatti, un ibrido tra reale e virtuale e gli organizzatori si stanno impegnando a rispettare le date previste (10-20 settembre), anche se ciò vorrebbe dire meno sedi, meno pubblico, meno film e il rischio di dover trovare nuovi investitori o chiedere finanziamenti pubblici. Bailey ha, inoltre, ribadito che il suo festival si fonda sul pubblico, ma soprattutto su una forte componente industry e quindi economica. Non è mistero, infatti, che il Festival di Toronto è il contesto ideale per comprare e vendere i film in previsione della stagione successiva oltre che il terreno ideale per le major, sopratutto americane, per lanciare internazionalmente i loro film, seppur negli ultimi anni Toronto, in questo ambito, ha sofferto la concorrenza della Mostra del Cinema. Gli accordi con le case di produzioni, insomma, non possono essere messi in crisi, perché ciò vorrebbe dire per il festival canadese perdere credibilità, alleati e molti soldini. Per questo Vicente ha affermato che primario per l'edizione 2020 sarà mostrare i film agli addetti al settore, a chi è interessato ad acquistare e vendere i film e poi a chi ne deve scrivere e se avanza un po' di posto, aggiungiamo noi, al pubblico. Insomma il Toronto Film Festival si conferma un paladino degli interessi industriali del cinema. Battaglia giusta, per carità, altrimenti nei nostri cinema non potremmo vedere molti film, seppur sia una prospettiva un po' limitante. Nei mesi a venire, in cui il cinema dovrà rinascere, magari serviranno più idee, più modi di coinvolgere il pubblico, di aprire i festival a più persone, più storie da raccontare a discapito, forse, di qualche entrata.

Festival di Cannes. La proposta del TIFF è, quindi, molto lontana dalla necessità di capire se si potrà vedere un altro regista alzare un premio cinematografico per quest'anno. Chi si è dovuto arrendere (forse), per bocca del presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, più che del suo presidente o delegato generale è il Festival di Cannes (date programmate: 12-23 maggio). Partiamo con il dire che il mercato si svolgerà comunque dal 22 al 26 giugno (giusto per tenere in piedi gli interessi già citati); invece la kermesse sulla Croisette non si svolgerà. Nulla però, è deciso, perché Thierry Fremaux, delegato generale, sta giocando da diverse settimane a non smentire, né avvalorare qualsiasi notizia in merito al suo festival. Nonostante le difficoltà sanitarie oggettive, nonostante le parole del presidente francese, nonostante le smentite anche del presidente de La Biennale, Roberto Cicutto, che ha affermato chiaramente che non c'è nessun accordo tra Cannes e la Mostra per organizzare insieme un festival, a oggi non è del tutto chiaro se il Festival di Cannes ci sarà ad agosto 2020, forse, o in autunno. È comprensibile che la notizia di un secco no, potrebbe far perdere molti soldi all'ente organizzatore, alla città di Cannes, alla Francia stessa e al cinema; rimane comunque poco comprensibile l'indecisione. Tutto può accadere, sia chiaro, ma forse è meglio dare una secca smentita, pensare a delle soluzioni alternative, come ha fatto il Festival di Locarno, per tenere in vita la macchina festivaliera, piuttosto che andare a bussare alle porte delle sette chiese del cinema per capire se qualcuno vuole collaborare a mettere in piedi il Festival di Cannes. Nessuna Palma d'oro per il 2020? Pare di sì, ma è sicuro?

Mostra del Cinema. C'è da dire che nemmeno Alberto Barbera, direttore della Mostra e Roberto Cicutto, presidente de La Biennale, sono stati finora chiari. Alla Mostra, effettivamente, mancano ancora diversi mesi (2-12 settembre) e ad oggi pare che si farà. A fine aprile La Biennale ha diramato un comunicato stampa in cui confermava le nuove date delle sue manifestazioni. La mostra di Architettura partirà il 29 agosto, al posto di maggio; il festival di Danza è stato spostato da giugno a ottobre, mentre quello di teatro da agosto a settembre. Per la Mostra il presidente Cicutto ha affermato che in questi giorni lo staff sta svolgendo delle proposte di simulazioni per lo svolgimento della kermesse che tengano in considerazione il distanziamento, l'uso delle mascherine, l'affollamento delle sale, da sottoporre ai produttori. Il presidente ha, poi, continuato dicendo che la manifestazione lidense deve godere di una sorta di 'salvacondotto', di extraterritorialità rispetto alle regole governative post Covid-19; uno status speciale, per permettere lo svolgimento della Mostra, sostenendo che i festival hanno un ruolo importante nella valorizzazione degli artisti e dell'industria cinematografica (parere corretto e condivisibile). La decisione ultima verrà presa a fine maggio. Il direttore Barbera, dal canto suo, ha detto che Venezia 77 sarà sperimentale in quanto saranno diminuiti gli accessi in sala e probabilmente il numero di accreditati. Dal punto di vista della proposta è probabile, a detta del direttore, la presenza di più film italiani, di meno produzioni internazionali, quindi meno red carpet con attori e registi, e conferenze stampa in streaming.
Dalle parole di Cicutto e Barbera emergono diverse considerazioni. Premesso che chi scrive e tutti i colleghi di testata sono più che contenti che la Mostra, come ogni altro festival di cinema, trovi il suo svolgimento, però ci sono delle questioni oggettive e rilevanti che al momento nessuno ha affrontato. Un numero minore di accreditati significa meno gente al Lido e quindi meno entrate nelle casse di Venezia che, già dall'autunno, non se la passa un gran bene turisticamente. Poi questo taglio dove andrà fatto? Accrediti culturali (è notizia recente che è stata lanciata da parte de La Biennale una campagna promo, giustissima, di sconto del costo dell'accredito per gli studenti universitari) o stampa? Non certo gli industry e gli addetti al settore, parrebbe, considerando che il presidente ha tenuto a precisare che le simulazioni saranno proposte primariamente ai produttori. Queste parole richiamano all'orecchio quanto deciso dagli organizzatori del TIFF e le loro attenzioni 'cinematografiche', ma forse è solo una impressione. Poi, è probabile che alla Mostra saranno presentati meno film, quindi arriveranno meno attori, quindi presumibilmente meno pubblico, viziato negli ultimi anni a vedere i divi preferiti, soprattutto americani, sfilare sul red carpet; la conseguenza, come detto sopra, sono meno entrate nelle casse veneziane. Ci auguriamo che ci siano meno film sul serio, perché se è vero, come è stato proposto, che sarà proiettato lo stesso film in più sale (per impedire gli assembramenti), ciò non si potrebbe attuare con il fittissimo programma degli ultimi anni in cui recuperare una proiezioni era impossibile. Infine ci sono due ultime questioni: la prima è prettamente cinematografica. Essendo la Mostra del Cinema basata sulle prime visioni e considerando che in molte nazioni le produzioni sono ferme da marzo e chissà quando riprenderanno, quali film potranno arrivare al Lido? E poi: il presidente Cicutto parla di extraterritorialità per Venezia e la Mostra, ma è davvero possibile? Concedere questa statuto significherebbe creare un precedente in Italia, considerando che il mondo della cultura (come altri settori industriali) sta per uscire dalla chiusura forzata, tramortita se non esanime. Ogni manifestazione culturale in Italia avrà, quindi, bisogno di usufruire di uno status speciale, come anche i grandi eventi musicali estivi, i teatri, le grandi mostre, i musei. Anche loro partecipano all'industria culturale che sembra il fine preminente e indispensabile di tutti i festival in analisi. La Mostra vive anche grazie a un finanziamento pubblico che verrà preso da quale cassa dello Stato?

Per concludere, le speranze sono le ultime a morire. Credere in qualcosa, porta a fare cose straordinarie, ma è necessario essere chiari. Forse è meglio pensare a soluzioni, piuttosto che invocare extra poteri o collaborazioni impensabili. Sopra ogni cosa, è meglio concentrarsi sul pubblico e pensare al cinema in quanto proposta artistica, al cinema come mezzo narrativo per spiegare e comunicare una storia, un messaggio, un'immagine, piuttosto che pensare, andando a fondo delle parole, sempre ai soldi in cassa. Dal 2020 può aprirsi una nuova fase per i festival: progettare la loro proposta come un reale collante tra cinema e pubblico e non solo come vetrina di intricanti interessi economici. Portare più cinema nei festival, non solo nei numeri, permetterebbe, dunque, al pubblico di rivedere di nuovo un regista alzare trionfante e festante il premio più ambito in un festival cinematografico già nel 2020.

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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