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Noah - Recensione

Darren Aronofsky porta sul grande schermo la sua personale visione della storia di Noè, in un film riuscito a metà, in cui l'impianto visivo deflagrante non si accompagna a una costruzione drammaturgica ben strutturata

La storia di Noè la conosciamo tutti, tante e varie sono poi le rappresentazioni e le rivisitazioni di questa vicenda biblica quindi penso sia inutile soffermarsi sulla trama della nuova creatura cinematografica di Darren Aronofsky e passerei subito al film.
Sgombriamo quindi subito il campo da ogni dubbio: Noah è un film di Aronofsky al 100%. Poco ma sicuro. Nonostante infatti l'altissimo budget e la facciata da grande kolossal hollywoodiano col faccione di Russell Crowe in primo piano, questo Noah è una rivisitazione cinematografica personale e, a tratti, davvero emozionante del mito di un uomo, con le sue contraddizioni, debolezze e frustrazioni.
Appoggiandosi dunque ad un cast 'furbo', il regista americano confeziona un grande dramma personale e familiare dai toni epici e metafisici in linea con l'iconografia e la veste grafica che il cinema americano del XXI secolo richiedono. Da Il signore degli anelli a Game of Thrones, i riferimenti e i richiami stilistici e grafici si sprecano, ma Aronofsky imprime comunque, tramite il caratteristico montaggio serrato ed alcune soluzioni visive interessanti, il proprio immaginario e la propria visionarietà alla pellicola, dandole quell'aspetto tetro e suggestivo tipico dei suoi film.
Molti sono i temi messi in campo dall'opera, dall'ecologia e il rispetto per la natura e l'ambiente fino all'ossessione e l'abnegazione cieche e deviate del protagonista verso quello che ritiene essere il volere divino, il tutto inserito in un contesto atemporale e mitologico di difficile collocazione e comprensione che rende l'immedesimazione difficoltosa. Durante tutta la durata del film, infatti, nonostante le grandi suggestioni visive, non si riesce mai ad entrare in completa sintonia con il protagonista e con le sue scelte, spesso dissennate e crudeli, dettate dall'interpretazione assolutamente personale di visioni e convinzioni criptiche ed oscure. Poco funzionali e mal sfruttate sono poi le figure del nonno-mentore Matusalemme e del feroce Tubal-Cain, nemesi naturale e concettuale di Noah, rappresentante dell'umanità e dell'antropocentrismo più sfrenato, simbolo della società industriale moderna e consumista che ha tradito il Creatore in virtù della propria supposta superiorità nei confronti dell'ambiente circostante e di tutti gli altri animali.

Per quanto interessante ed innovativa possa essere questa trasposizione epica e fantasiosa, in cui possiamo ritrovare tutta la poetica e lo stile del regista, l'impressione finale è dunque quella di un film riuscito a metà, in cui l'impatto visivo deflagrante ed impressionante di alcune sequenze non si accompagna ad una costruzione drammaturgica altrettanto pregnante e strutturata, rendendo il tutto meno potente e suggestivo di quello che una storia simile avrebbe potuto suggerire.

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