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The Wolf of Wall Street - Recensione

Una commedia straripante vitalità e cinema. Martin Scorsese, scendendo dalla croce dell’aurea mediocrità degli ultimi anni, torna a farsi beffe dei tempi composti e anonimi in cui viviamo con una storia dissoluta e amorale

Coloro che, come chi scrive, avevano dato ormai per perso, nella quiete della canizie, l'autore di Toro scatenato o Quei bravi ragazzi, si dovranno ricredere. Quei lampi di genio nell’utilizzo del 3D in Hugo Cabret non erano solo mestiere. Il settantenne Martin Scorsese, con The Wolf of Wall Street, dimostra di non aver perso la voglia di raccontare e divertirsi, con la bergsoniana comicità morale rivolta, come in lavori precedenti, più al degrado umano contemporaneo piuttosto che alle tragicomiche disavventure del protagonista.
Jordan Belfort è oggi un benestante signore (grazie anche alla vendita dei diritti cinematografici delle sue memorie) che, negli Anni '80, creò un’agenzia di brokeraggio, la Stratton Oakmont, le cui truffaldine operazioni finanziarie finirono col costargli il carcere e un’ammenda di oltre cento milioni di dollari.
Il film ne ripercorre la vita: il suo timido ingresso a Wall Street, l’incontro col suo mentore Mark Hanna (Matthew McConaughey in un’esilarante particina chiave), la nomina a broker e il coincidente licenziamento dovuto al crollo dei mercati finanziari, la fondazione dell'agenzia, la sua rapida crescita dovuta alle intuizioni motivazionali e commerciali, i suoi abusi con le droghe e il sesso, l'inevitabile declino.
Scorsese, grazie anche all’ottima sceneggiatura di Terence Winter (autore di molti degli script de I Soprano e Boardwalk Empire), costruisce un film straripante e furioso che passa con disinvoltura dalla voce fuori campo al protagonista che parla in macchina, da siparietti da sit-com all’irruzione del reale all’interno di uno spot commerciale. Tutto è lecito, alla potente macchina affabulatrice del regista, per ottenere l’effetto desiderato: cambio di colore dell’auto in corsa, scene catastrofiche di tempesta, movimenti vertiginosi di carrello, feste grandguignolesche. Tutto è funzionale per definire la personalità ambiziosa e drogata del protagonista cui, Leonardo DiCaprio, dona quella che è forse la migliore interpretazione della sua carriera, con una recitazione spesso sopra le righe, come richiesto da un personaggio in preda ai deliri del Quaalude (una droga sintetica potentissima), ma capace anche d’intensa sobrietà nei momenti più sinceri e toccanti. L'attore s'incarna totalmente nei tratti di un uomo che sa di essere superficiale, secondo il comune sentire, ma che, al contempo, dotato di grandissima energia e volontà, bramoso di vita e piacere, disprezza i pavidi, i perdenti, quelli “che accettano un no, come risposta”. Un ritratto in cui si sente forte l’impronta del regista, che lo vuole solidale con l’impianto complessivo della narrazione, con le altre figure secondarie, tutte depravate e ambiziose alla stessa stregua, tra le quali spicca la figura del socio di Jordan, Donnie Azoff, che Jonah Hill anima magistralmente di folle genialità mista a stolidità.
Il quadro umano che esce dalla storia non è certo dei più confortanti. Anche l'incorruttibile agente dell'FBI che imprigiona il protagonista non è, in fondo, che una pedina: il difensore d'interessi economici di classe superiore, come sembra egli stesso riflettere nell’ultima apparizione in metropolitana. E' solo un problema di soldi e di regole. Non ci sono imperativi morali. Eppure, le sequenze finali, in cui Jordan insegna le sue tecniche di vendita a un adorante pubblico, pavido e impacciato, non sono molto distanti da quelle con Travis, il protagonista di Taxi Driver, all'indomani della strage nel bordello.

Negli Anni '70, un'America frastornata dalla fine della guerra del Vietnam e dall'arrivo della delinquenza giovanile, eleggeva a eroe un malato omicida. Ai nostri giorni, in una società che ci fa sentire trasgressivi se fumiamo una sigaretta e protagonisti quando pubblichiamo foto di gatti e cani su Facebook, anche un ex truffatore galeotto può essere un modello e un maestro di vita.

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