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Il fuoco della vendetta - Out of the Furnace - Recensione

Racconto a tinte forti, ricco di abbandono e violenza, miseria e sporcizia, dal quale si esce vincitori solo dando voce alla rabbia interiore: Out of the Furnace lancia l'America che perde col suo carico di squallore nella selezione ufficiale del Festival di Roma 2013

L'opera seconda del regista americano Scott Cooper, autore di quel Crazy Heart che portò a casa l'Oscar per l'interpretazione di Jeff Bridges, è una storia 'americana' a tutto tondo, genuina sin dalle scene iniziali. Una storia americana anche nel senso limitativo dal punto di vista narrativo.
Siamo nell'America delle grandi industrie le cui fornaci e gli altoforni lasciano impressa una sensazione di abbandono e di mestizia, tra ferraglie che arrugginiscono al sole e fabbriche che fumano grigio ancora per poco perché "l'acciaio ormai conviene comprarlo direttamente dalla Cina, costa meno". Siamo in una Pennsylvania depressa, in cui Russell vive col padre malato, lavora nell'acciaieria, tiene d'occhio il fratello minore, reduce dalla Guerra in Iraq (che novità…): trascorre insomma una vita non certo di quelle da ricordare, ogni tanto una sbronza, la fidanzata amorevole, fino a quando un tragico incidente lo spedisce in galera. Il ritorno dopo la pena gli restituisce un padre morto, una fidanzata che se ne è andata e un fratello che sempre più spesso finisce nei guai con gli incontri di boxe clandestina: la vita di Russell sembra indelebilmente segnata da questo senso di abbandono e di squallore cui l'uomo riesce a far fronte solo con un'inaspettata rassegnazione ironica. Quando il fratello si infilerà in un guaio decisamente più grande di lui, Russell dovrà decidere se dare corpo alla sua rabbia per poter affermare per una volta se stesso.
L'ambientazione e le atmosfere di Out of the Furnace, in concorso al Festival del Film di Roma 2013, sono gli aspetti che più convincono del film: immagini da America post-industriale con le fabbriche in rovina, un alone di maledizione, di cattiveria e di violenza abbarbicate nell'uomo, come quella che vedemmo in Un gelido inverno, personaggi sicuramente riusciti come quello di Russell o come quello del trucido De Groat. Molto meno convincente la figura del fratello e la tematica ormai stucchevole del 'reduce di guerra' del nuovo millennio che appare un inutile orpello tanto per rendere più cupo un ambiente che già di per sé avrebbe molteplici motivi per esserlo. Sta di fatto che però Out of the Furnace è film valido, offre spunti per tematiche interessanti, soprattutto riguardo all'America dei losers, si configura come un buon lavoro di genere e si avvale di un cast stellare (Christian Bale su tutti) e di una produzione coi controfiocchi (Leonardo DiCaprio, che inizialmente avrebbe dovuto interpretare Russell, Ridley e Tony Scott). Viceversa poco convince, direi anzi che infastidisce, quella retorica 'reducistica' e il voler calcare la mano quasi a caratterizzare eccessivamente situazioni e personaggi.

Un merito comunque in questo festival che spesso si appiattisce su tematiche fin troppo astratte Out of the Furnace lo possiede: è film che non annoia, che tiene in piedi una buona tensione e che regala un fotogramma finale che di fatto rimette tutto in gioco, insinuando qualche piccola domanda che per un po' rimane sibilata nell'orecchio.

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