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Snowpiercer - Recensione

Apocalittica riflessione sulla lotta di classe e sul potere, sulla rivoluzione e sull'ecologia: Bong Joon-ho racconta in una violenta e dura metafora il destino dell'Uomo

Nel 2017 il pianeta Terra è vicino allo sterminio per l'effetto serra. Gli scienziati escogitano un sistema che dovrebbe provocare il raffreddamento riportando le temperature a valori più compatibili con la vita. L'esperimento fallisce e il pianeta va incontro ad una glaciazione che distrugge ogni forma di vita, escluso un gruppo di persone che si trova sullo Snowpiercer, un treno super-veloce e modernissimo, Arca di Noè sferragliante del terzo millennio che fa il giro del mondo in continuazione, permettendo ai sopravvissuti di non morire congelati. Diciassette anni dopo il treno è divenuto un microcosmo viaggiante all'interno del quale tutto è diviso secondo rigide classi sociali, in cui i poveracci stanno i coda e i ricchi in testa. A guidare questo oggetto sopravvissuto alla glaciazione è il suo ideatore, un magnate dell'industria pesante.
Se il treno è la metafora del mondo come lo ha costruito l'uomo fino ad oggi, non possono mancare rivolte, repressioni, guerre, atti di sopraffazione e di sfruttamento, episodi raccapriccianti che impone la legge di sopravvivenza. L'ultima rivolta è quella che punta diretta al cuore del sistema treno ed è quella che condurrà al finale in cui forse un po' didascalicamente Bong Joon-ho dà la sua visione sull'ordine del mondo e della natura, due poli attraverso i quali si debbono necessariamente muovere i destini del genere umano.
Il Bong ecologista lo conoscevamo già dai tempi di The Host, quello rivoluzionario della lotta di classe che sta alla base delle dinamiche sociali invece è un'autentica sorpresa, come anche il Bong che non si crea illusioni in un'analisi fenomenologica dei cicli storici che si muovono tra potere e rivoluzione, ordine e  rivolta. Ma ciò che maggiormente rende Snowpiercer un film comunque interessante e bello è, oltre alla capacità tecnica stupefacente, quel beffardo tocco di ironia che non manca mai nel film, neppure nei momenti più drammatici: i rivoltosi che si passano la torcia come tedofori olimpici, certe pieghe nei rapporti sociali tra i protagonisti, battute quasi surreali in un tale contesto, persino momenti vicini allo splatter visti però sempre con occhio defilato e divertito.
Indubbiamente il film ha il suo fascino, è lavoro ben fatto, le due ore e passa scorrono veloci e il messaggio insito è chiaro, anche se spesso la carne al fuoco sembra francamente troppa. Quello che forse convince meno è il finale che regala una morale sulla necessità dell'ordine sociale che deriva da quello naturale e al cui mantenimento potere e rivolta contribuiscono con le loro dinamiche. Finale che forse Bong ha voluto colorare con tinte che fossero più gradite al pubblico occidentale cui Snowpiercer si rivolge.

Bong
ne esce bene dal suo primo lavoro in lingua inglese, senza snaturare troppo le proprie idee, ma certamente chi lo conosce bene troverà Snowpiercer lavoro abbastanza distante dal consueto universo cinematografico del regista. L'Apocalisse di Bong riparte dal treno come Noè ripartì dall'Arca: il genere umano ha ancora molto da imparare sulle dinamiche che lo governano.

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