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World War Z - Recensione

Il mondo rischia di essere distrutto da un virus che si diffonde in maniera incalcolabile. La responsabilità di trovare una cura è nelle mani di un solo uomo: Brad Pitt

Un mondo sconvolto da una epidemia sconosciuta che miete le prime vittime in maniera sostanzialmente controllata, rischia di diventare una vera e propria calamità naturale di proporzioni globali. Come accadde con la più famosa e sconvolgente pandemia influenzale, la spagnola, che fra il 1918 e il 1920 uccise circa 20 milioni di persone in tutto il mondo, gli uomini vengono contagiati dagli infetti e su l’intera Terra il virus letale si diffonde a macchia d’olio. No, non è una ricostruzione 'giornalistica' fantasiosa, ma l’incipit di World War Z, ultimo film diretto da Marc Forster, regista di gioielli come Monster's Ball - L'ombra della vita (che valse ad Halle Berry il Premio Oscar come Miglior attrice protagonista) e Neverland - Un sogno per la vita, basato su come nacque il romanzo di Peter Pan.
Se si parte con il presupposto di vedere un film in cui gli zombie la fanno da padroni, e dove la prerogativa è solo quella di sopravvivere a cadaveri deambulanti, gli amanti del genere, probabilmente, rimarranno piuttosto delusi perché le caratteristiche degli infettati, nonché il filo conduttore che segue la narrazione, è più vicino ad una pellicola 'epidemica' alla 28 giorni dopo, dove il genere umano sotto assedio cerca disperatamente un antidoto se non addirittura una cura definitiva alla piaga che lo affligge. Non può mancare naturalmente l’eroe di turno, il paladino dei più deboli, il salvatore del mondo: un ex agente dell’ONU che ha deciso di lasciare il proprio lavoro per dedicarsi completamente alla sua famiglia. A vestire i panni di questo padre amorevole e sopito guerriero è Mr. Brad Pitt, il quale nonostante gli evidenti accorgimenti apportati al proprio fisico, e la mole decisamente aumentata, non bastano per farlo apparire (mi si passi il termine) 'cazzuto'. L’attore, capace di grandissime interpretazioni, qui fatica a trovare quello slancio (a meno che non sia lo stuntman a farlo per lui!) per trainare in solitaria il film.
Tranne alcune scene piuttosto rocambolesche (il fatto che siano abbastanza improbabili non può essere un limite dato il genere cinematografico) e la piramide di zombie, pardon infettati, che visivamente cattura l’attenzione, la pecca del film sta nel fatto che non riesce ad aggiungere niente di originale a racconti già abbondantemente sviscerati in pellicole del passato, rifugiandosi in approdi confortevoli di elementi già visti. Ad aggiungere sconforto è il fatto che si è già parlato di un sequel.

Forster non è di quei registi che cambiano il cinema, ma è un ottimo narratore e ciò che manca a questo film è proprio un racconto convincente e che ti faccia stare con il fiato sospeso, nell’attesa della risoluzione finale.

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