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Cogan - Killing Them Softly

Una immagine di Brad Pitt in Cogan - Killing Them SoftlyBrad Pitt sicario della mafia: deve uccidere due rapinatori per ripristinare la routine del mercato illegale delle partite di poker. Le sue azioni sanguinose si perdono nel fiume di parole di un crime-movie ideologico diretto dal sempre talentuoso Andrew Dominik

Andrew Dominik è il regista di quel piccolo gioiello western dal titolo wertmulleriano L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Di quel film dalla durata mastodontica (più o meno tre ore), quasi anacronistico nel recuperare un genere ormai dato per morto, autoriale fino al midollo ma al tempo stesso ricco di slanci spettacolari, ci avevano colpito essenzialmente una cosa: lo stile, caratterizzato da un approccio al mito del West che aveva un tono crepuscolare, introspettivo, tutto giocato sulla dilatazione del tempo (e delle attese, a cominciare da quella dell'assassinio di Jesse James), in una parola 'ipnotico' per come era in grado di rapire lo sguardo dello spettatore dal primo all'ultimo fotogramma.
Ahinoi, non altrettanto si può dire di Cogan - Killing Them Softly, film presentato in concorso allo scorso Festival di Cannes, in cui Dominik ha la possibilità di confrontarsi con un altro grande genere della tradizione americana: il crime-movie.
Lo scenario è quello degli Stati Uniti in piena crisi finanziaria del 2008: mentre le radio e le televisioni riecheggiano costantemente nei luoghi pubblici, nei bar, nelle autovetture con i discorsi di politici ed economisti che parlano di come rilanciare la fiducia nell'economia statunitense, due delinquenti accettano di rapinare una partita di poker protetta dalla mafia, provocando il caos nel mercato delle bische clandestine. La mafia non può permettere che la passino liscia (questione di immagine...) e così assolda un killer professionista, Cogan (interpretato da Brad Pitt), per fargliela pagare cara.
Dominik pecca di presunzione: cerca di riproporre il crime-movie con uno stile fiammeggiante come aveva fatto con il western nel suo precedente lavoro, ma condisce il suo film di un'ideologia spicciola e 'predicona' che appesantisce non poco la visione. Le splendide scene d'azione (che ci restituiscono con minuzioso realismo tutta la brutalità di un mondo assetato di soldi) vengono spesso stemperate da brevi siparietti in cui malfattori di varia specie dissertano inverosimilmente di politica ed economia. E' chiaro che le dinamiche del collasso del gioco d'azzardo illegale ripropongono in scala il crack economico che attanaglia l'intera società americana. Però Dominik, scegliendo di mettere in bocca ai suoi personaggi un carico di riflessioni che stride con la loro natura criminale, preferendo così la verbosità all'azione, dimentica di essere un regista prima ancora che un intellettuale.

Se Dominik avesse avuto più coraggio nell'affidare alle immagini anziché alla sceneggiatura il compito di sviscerare la sua tesi, forse avremmo visto, come era nelle intenzioni, uno spaccato malavitoso che si erge a specchio di un intero Paese. Cogan - Killing Them Softly invece è un thriller pulp intriso di paccottiglia ideologica a buon mercato che mortifica il suo genere di appartenenza.

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