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Io e te

Una immagine tratta da Io e teL’atteso ritorno dietro la macchina da presa del maestro Bernardo Bertolucci: da un romanzo di Niccolò Ammaniti, la storia in grande stile di due ragazzi tormentati e tragicamente attuali in fuga dal vivere comune

E’ senza dubbio un rientro in grande stile quello del maestro Bernardo Bertolucci che, a ormai nove anni di distanza dall’ultimo lavoro The Dreamers, torna a parlare di adolescenza, quella più ritrosa e chiusa in se stessa, adattando per il grande schermo l’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti.
Proiettato nella sezione Fuori Concorso al 65º Festival di Cannes, il film narra la storia di Lorenzo, un adolescente particolarmente riservato che decide di mentire ai propri genitori sul fatto di partire con la scuola per la tanto agognata settimana bianca; un piano strategicamente organizzato nei minimi dettagli che consente al ragazzo di esaudire il suo vero desiderio. Il motivo della menzogna è da imputarsi al suo intrinseco bisogno di solitudine e pace che può trovare solamente tra le anguste (ma per lui assolutamente confortevoli) mura della cantina di casa sua. A sconvolgere la sua beatitudine ci penserà la sorellastra eroinomane Olivia, irruenta nel suo modo di entrare, senza che le venga dato il permesso, nel mondo che Lorenzo custodisce tanto gelosamente.
L’universo così chiuso e tormentato del giovane ragazzo consente a Bertolucci di mostrare tutta la sua eccellente maestria nella riflessione ed indagine cinematografica, e non solo, su quei personaggi borderline che spesso ritroviamo nei romanzi di Ammaniti, restituendo sullo schermo una poesia troppo frequentemente dimenticata dal nostro cinema contemporaneo. L’intimità e la fiducia che si crea fra i due ragazzi consente ad entrambi di uscire, metaforicamente parlando, da quella cantina, inevitabile simbolo di quei recessi della mente dove ci è concesso di ritrovare noi stessi. La chiusura ermetica e impenetrabile del mondo di Lorenzo, trova la sua ragione di esistere in quelle cavità fisiche (la cantina) e psicologiche (la sua mente) delle quali non può fare a meno; il mondo là fuori è troppo brutale ed inconsistente per volerne far parte.
La scelta di affidare i due ruoli principali a dei giovani attori (pressoché inesperti) come Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco, selezionati dallo stesso Bertolucci dopo mesi di estenuanti ricerche, rappresenta un’idea precisa ed imprescindibile di cinema, quella per la quale il maestro decide di non identificare, in dei volti riconducibili o noti, due identità tormentate e tragicamente attuali.
La sceneggiatura scritta da Bertolucci insieme allo stesso Ammaniti, Umberto Contarello e Francesca Marciano, ha subito nel corso della lavorazione continue modifiche, tramutandosi in una sorta in work in progress necessario poiché fortemente condizionato dalle dinamiche che si verificavano sul set. Fra le musiche del film, affidate al maestro Franco Piersanti, che sottolineano molto bene in note il turbamento dei due protagonisti, troviamo il brano Ragazzo solo, ragazza sola, una versione del singolo Space Oddity di David Bowie, riscritta in italiano da Mogol nel 1969 e cantata dallo stesso Bowie.

Io e te è in sostanza un film che non ha la pretesa di essere un testamento cinematografico, ma ci auguriamo serva da monito alle generazioni dei giovani cineasti.

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