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Un sapore di ruggine e ossa

Una immagine tratta da Un sapore di ruggine e ossaIl sontuoso e originale sguardo di Jacques Audiard nel più melò dei suoi film. Come la storia d’amore tra un’anima arrugginita e un corpo claudicante può salvarne le vite disperate

La mielosa sinossi ufficiale.
Tutto comincia al Nord. Ali si deve occupare di Sam, 5 anni. E’ suo figlio ma lo conosce appena. Senza casa, senza soldi e senza amici, Ali va a stare da sua sorella ad Antibes. Lì all’improvviso va tutto meglio, sua sorella li ospita nel suo garage, si occupa del bambino e c’è sempre il sole. Dopo una rissa in un locale notturno, il destino di Ali s’incrocia con quello di Stéphanie. L’accompagna a casa e le lascia il suo numero di telefono. Lui è povero; lei è bella e molto sicura di sé. Una principessa. Sono l’una l’opposto dell’altro. Stéphanie addestra orche in un parco acquatico. Lo spettacolo notturno si trasforma in dramma e una telefonata nel cuore della notte li fa ritrovare. Quando Ali la rivede, la principessa è costretta su una sedia a rotelle: ha perso le gambe e molte illusioni. Ali aiuterà Stéphanie con semplicità, senza compassione, senza pietà. Lei tornerà a vivere.
Una storia d’amore tra un disadattato e una ragazza sulla sedia a rotelle? E il film non è nemmeno coreano?! Non mi ci avrebbero trascinato neppure in ceppi.
Il regista, però, è Jacques Audiard e ogni resistenza si frantuma.
Audiard è un vero narratore. Non importa la storia che ci propone. Il suo sguardo, mai banale, la sua scelta su cosa mostrare o sottintendere, il ritmo, la scelta e il lavoro sugli attori garantiscono la qualità a priori di ciò che vedremo. Un sapore di ruggine e ossa non fa eccezione. Il film è bello, intenso e riesce persino a esprimere il banale, senza perdere originalità e spessore. Anzi, se c’è un plus, rispetto alle opere precedenti, è proprio questo: il non vergognarsi delle parole o delle reazioni solite che costituiscono il vissuto della maggior parte di noi e del nostro tempo. Il discorso di Stéphanie ad Ali, all’indomani di una sua scappatella, è quanto di più normale ci si possa aspettare. Il finale consolatorio è altrettanto scontato ma, proprio per questo, vero, reale.

Ma il film non è certo un epigono neorealista. E’ racconto, non cronaca. Quindi siamo nel regno della favola, del mito. E la storia d’amore tra queste anime così diverse ma con sfregi così complementari, diventa quasi archetipica di tutte le nostre storie zoppe, nate più dai bisogni che da scelte libere, ma non per questo meno intense, magiche, trasformanti.
Molto felice la scelta degli attori: Matthias 'Rundskop' Schoenaerts recita malino ma ha quella faccia vagamente idiota e la corpulenza giusta per il ruolo; bravissima e coraggiosissima Marion Cotillard che, per interpretare la parte, ha dovuto farsi segare le gambe. Tutti perfetti i comprimari, a partire dalla sorella di Ali con la voce da uomo.

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