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La sposa promessa (Venezia 69 - In concorso)

un'immagine tratta da fill the voidL'opera prima di Rama Burshtein in concorso alla 69° Mostra del Cinema di Venezia racconta le dinamiche interne di una famiglia ebrea ortodossa. Tanti o troppi temi si presentano sullo schermo in maniera un po' fumosa

Shira è una giovane ebrea ortodossa di Gerusalemme che sta per fidanzarsi. Ha una sorella più grande, sposata con Yochay e sta per dare alla luce il suo primogenito. Durante il travaglio muore, lasciando il marito da solo con il neonato e distruggendo di dolore la famiglia che, così, sceglie di non portare a compimento il fidanzamento di Shira. Intanto Yochay, per accudire meglio il figlio, vuole risposarsi; deve scegliere tra una vedova belga che lo porterebbe lontano da casa e la famiglia della defunta moglie, che, per trattenere l'uomo e suo figlio, gli propone in sposa Shira. La ragazza è dibattuta. Mentre Yochay  sembra sempre più intenzionato a convogliare a nozze con la giovane ragazza, lei appare dibattuta tra ciò che gli propone la famiglia e un futuro diverso.
Presentata in questo modo l'opera prima di Rama Burshtein sembra incentrata sulle scelte di vita, sui loro effetti e su come l'amore possa essere causa di felicità e infelicità. Entrambi questi sentimenti interessano tutti i protagonisti, ma in particolare la giovane Shira, Hadas Yaron. Nonostante la giovane età deve maturare in fretta per prendere una decisione importantissima per la sua vita. Si vuole fidanzare davvero?
Questi sono gli spunti che La sposa promessa (
Fill the Void) dovrebbe creare. Proporre un tema, una riflessione può essere certamente una scelta narrativa, come anche non porre l'accento su un punto di vista o su un altro. La Burshstein desidera, probabilmente, raccontare una storia, testimoniare una vicenda, ma in ogni caso dovrebbe fornire una traccia di risposte agli interrogativi che sorgono in chi guarda. Shira vuole accettare il consiglio-imposizione della famiglia che la avvicina a Yochay (Yiftach Klein)? Vuole rendere il suo futuro infelice e soddisfare chi la circonda o scontentare tutti e pensare a se stessa?
Il film risente di una visione narrativa non definita, basata sulla proposizione in apparenza di molte tematiche, ma realmente nessuna chiara. Si parla del rapporto tra uomo e donna? Si vuole indagare sull'amore come il sentimento dominante le scelte degli uomini? Non si capisce. È tutto accennato, indagato superificialmente, non approfondito. Le situazioni sono incollate tra loro l'una dopo l'altra definendo un contesto casalingo in cui i personaggi appaiono bidimensionali, senza struttura psicologica e narrativa, pedine di una vicenda che a volte sembra sfiorarli. Il pubblico osserva lo svolgimento di dinamiche familiari, drammatiche o liete che siano, con interesse documentaristico, soffermandosi più sulla curiosità di scoprire la ritualità della religione ebraica.

Come detto una vicenda così strutturata poteva proporre molti spunti di riflessione accomunati dal quesito se fosse ancora giusto che nell'era contemporanea una famiglia decida ancora il destino dei propri figli. La sposa promessa poteva essere un film sul futuro, ma si incastra su un presente poco coinvolgente. 

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