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Unbeatable (Far East Film Festival 2014) - Recensione

Il penultimo lavoro dietro la macchina da presa di Dante Lam è un sapiente equilibrio tra un dramma e un film d'azione all'interno di una storia di sport e sangue in cui vince il realismo e l'immedesimazione

Cosa attendersi da uno dei maggiori registi in attività di film d'azione di Hong Kong se non combattimenti, sudore, sangue, ossa rotte (subito messe a posto con sapienti mezzi artigianali) e personaggi sull'orlo del baratro in grado di rialzarsi solo grazie alle proprie forze? Lui è Dante Lam e non servono presentazioni. Il film è Unbeatable, penultima sua fatica prima di
That Demon Within, entrambi presentati in anteprima italiana al Far East Film Festival 2014.
Il regista di HK ha costruito Unbeatable sviluppando la solita idea di film d'azione. La storia ruoto attorno a Ching Fai, interpretato da Nick Cheung, ex pugile caduto in rovina perché scoperto a truccare gli incontri. Ridotto in semi povertà e senza ideali, si trova circondato dai creditori e per questo fugge da Hong Kong a Macao. Qui trova lavoro in qualità di inserviente nella palestra di un amico, Tai-sui (Philip Keung), fino a quando incrocia la sua vita con quella di Lin Siqi (Eddie Peng), un giovane intento ad allenarsi nella stessa palestra in preparazione del torneo di arti marziali miste, MMA. Lo scopo del giovane è riscattare la sua vita e quella del padre in crisi depressiva dopo il fallimento lavorativo. Lin, però, ha bisogno di un maestro che lo prepari nel più breve tempo possibile e trova l'aiuto di Ching Fai come insegnate.
La pellicola si concentra sulla relazione tra i due uomini, che appare convincente perché Lam costruisce un rapporto vero e reale basato sui fatti, sulle azioni, sul duro allenamento, sullo sforzo. Ciò che accomuna l'ex pugile e il suo allievo, infatti, è la voglia di impegnarsi a riabilitare la loro vita, pur consci che ciò significa sacrificio e dedizione estrema. Ching Fai e Lin Siqi sono due personaggi tenaci e duri, come la loro lotta, sia quella nella vita che soprattutto quella sul ring. Nelle scene di combattimento, infatti, i due protagonisti appaiono fermi e saldi. Non li abbattono né i calci, né le torsioni innaturali del loro corpo, ma solo la distrazione dal loro obiettivo. Tale solidità e fermezza è esaltata dalla macchina da presa di Lam che non tralascia nessuna espressione del loro volto, nessun rumore di ossa incrinate, nessuna goccia di sangue, nessun intreccio di corpi con l'avversario, per aderire allo sforzo e al sudore dei contendenti. Durante la lotta il regista gira attorno agli sfidanti con velocità; i cambi di inquadratura sono continui, per rendere palpitanti e avvincenti le scene.
Chi osserva i combattimenti rimane incollato allo schermo, fino a quasi sollevarsi dalla sedia per la tensione, e al tempo stesso si immedesima nel dramma per la vena di autenticità che pervade i protagonisti nella loro recitazione. Unbeatable, appare, dunque, avvincente perché è un melodramma con un pizzico di simpatia. Questa emerge, soprattutto, quando narra della vita fuori dal ring di Ching Fai con Gwen (Mei Ting) e la figlia di dieci anni Dani (una straordinaria Crystal Lee già apparsa in un altro film di Lam, The Viral Factor). La donna è instabile mentalmente dopo il disfacimento della sua famiglia, per cui la piccola Dani conduce la casa e accoglie il vecchio pugile nella stanza in affitto. Tra loro si instaura una relazione divertente, come quella di una coppia consumata e anziana, resa tale dalle maschere comiche dei due attori. Il loro reciproco schernirsi e prendersi in giro, misto a un vivo volersi bene, visibile in particolare nel viso spontaneo della bambina, rendono così il loro rapporto veritiero.

È proprio questo frizzante bilanciamento narrativo tra melodramma e comicità, tra crudeltà e amore che rende Unbeatable originale e avvincente. Se poi si aggiunge una fotografia, firmata da Kenny Tse, che permette a Macao di risplendere della sua bellezza originale e unica, il film acquista ancora di più valore e qualità.

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