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Young Detective Dee: Rise of the Sea Dragon - Recensione - (Festival di Roma 2013 - Fuori concorso)

Spettacolare lavoro di ingegno visivo e narrativo di Tsui Hark, Young Detective Dee conferma l'inarrivabile capacità tecnica del regista in una storia che, al solito, affonda le radici nella letteratura popolare cinese. Il 3D si mette totalmente al servizio del racconto e offre momenti di grande Cinema

Confermando la tendenza del Festival di Roma 2013, in cui le cose migliori le offrono i lavori Fuori concorso, in dirittura finale arriva Tsui Hark con il suo ultimo lavoro, Young Detective Dee: Rise of the Sea Dragon 3D, prequel del fortunato Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma di qualche anno fa, impreziosito dall'uso del 3D, che il Maestro hongkonghese aveva già utilizzato in Flying Swords of Dragon Gate.
Siamo ancora nella Cina della Dinastia Tang, in cui l'Imperatrice Wu si afferma sempre più come il reale monarca dell'Impero Celeste, facendo crescere il malcontento dell'aristocrazia per il suo ruolo, aspetto che nel precedente lavoro costituiva uno dei cardini narrativi. La flotta imperiale viene devastata dall'improvvisa comparsa di un mostro marino che emerge dalle acque per distruggere navi e seminare morte. La popolazione, soggiogata dalla superstizione, crede che il mostro non sia altro che l'incarnazione del Dragone del Mare, motivo per cui viene deciso un sacrifico, la cui vittima designata è la cortigiana Yin, la donna più bella della Capitale. Yin è sopraffatta dal dolore per la scomparsa del suo amato, che la conquistò con l'arte della poesia. E' in questo frangente che giunge in città Di Renjie, un acuto e scaltro investigatore che si mette subito al lavoro sugli ultimi accadimenti, scontrandosi inizialmente con il capo della Pretura Imperiale Yuchi.
Azione e complotti, storie d'amore strappate e ricucite, sfide di arguzia e intelligenza, tradimenti e battaglie epiche si agglomerano in un unicum spettacolare in cui la figura di Dee assume sempre più i connotati di uno Sherlock Holmes ante litteram.
La spettacolarità, amplificata fino alla sublimazione da un 3D efficacissimo, unita alla rivisitazione di personaggi della cultura letteraria e tradizionale della Cina, costruiscono un film avvincente, spettacolare, dove la logica deduttiva di Dee va di pari passo con la scienza, la ragione e la superstizione, in un rimestare scienza e fantasy rendendo il confine tra realtà e fantasia sempre più labile, tratto peculiare dei lavori di questo straordinario regista.
Se è vero che forse la prima parte della saga del Detective Dee (a proposito, Tsui Hark in conferenza stampa ha dichiarato che è al lavoro per un terzo episodio) aveva qualcosa in più soprattutto riguardo all'aspetto sia sociale che politico e si presentava in forma sostanzialmente più 'tradizionale', questo Young Detective Dee si avvale di una sontuosità e di una magnificenza visiva che lascia il segno, accentuando ancora di più quella anarchia narrativa che è un altro dei canoni irrinunciabili per il regista. Vero anche che l'impianto del film sembra volersi avvicinare a modelli blockbuster americani, ma il legame alle tradizioni e alla cultura popolare cinese lo rendono comunque un lavoro raffinato.
La tematica dell'amore impossibile, ad esempio, viene sviluppata in maniera tradizionale: quello che può sembrare un vincolo impensabile tra umani e mostri, viene clamorosamente ribaltato grazie alla scienza, offrendo una via d'uscita che non necessariamente conduce al sacrificio.

Manca, ovvio, la presenza di Andy Lau che catalizzava decisamente il primo lavoro, ma sia Mark Chao (sorpresissima) che Angelababy nel ruolo della svenevole cortigiana (bella è bella, fuori di dubbio…) danno il meglio di sé in questo lavoro che conferma ulteriormente l'arte di Tsui Hark: rimane ora da capire quanto il 3D utilizzato in maniera più intensiva nei suoi lavori, possa magnificare l'opera di questo straordinario cineasta che non smette mai di stupire.

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