Hara-Kiri: Death of a Samurai
- Scritto da Massimo Volpe
- Pubblicato in Asia
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Dopo essersi misurato con l'inarrivabile Akira Kurosawa de I Sette Samurai in un film bello come 13 Assassini, Takashi Miike sceglie un altro totem della cinematografia nipponica per dirigere il suo primo lavoro in 3D: il suo Hara-Kiri: Death of a Samurai è infatti il remake del celeberrimo Seppuku di Masaki Kobayashi che proprio 50 anni fa trionfò al Festival di Cannes.
E ancora una volta spogliandosi degli abiti del provocatore visivo ad oltranza, che spesso e volentieri indossa con risultati non raramente sconcertanti, dimostra che la stoffa del regista c'è e si vede bene proprio laddove Miike volta le spalle a se stesso.
Astenersi dalla visione pensando all'originale di Kobayashi e soprattutto stiano alla larga coloro che idolatrano il Miike 'buzzurro e tamarro', perché questa storia di (dis)onore, amore e vendetta è film dai ritmi lenti e riflessivi, addirittura ermetico in alcuni momenti, dove l'azione latita salvo un finale più grottesco che movimentato dove l'onore del samurai è affidato ad una spada di legno, inutile persino per il seppuku.
Storia drammatica con la livrea della tragedia quasi shakesperiana in cui si racconta di come un samurai in tempo di pace possa diventare un morto di fame: tutti godono della prosperità pacifica, ma i samurai, antesignani esodati, elemosinano alle porte dei signorotti mettendo l'onore dietro le spalle, vendendo le spade e conducendo una vita da pensionati, taluni inscenando persino il sacrificio rituale in cambio di un piatto di riso.
Qui sì che Miike ci piace: il sarcasmo con cui si prende gioco dell'onore cavalleresco, caposaldo ancestrale della cultura giapponese, è grossolano ma efficacissimo, laddove dietro al simulacro si cela la mancanza di solidarietà e l'assenza di qualsiasi fiammella di umanità; il samurai votato al sacrifico finale che si carica del peso della sua vendetta sottile e raffinata è colui che volta le spalle alle regole in favore del suo codice etico.
Il messaggio di Miike è chiaro e forte e raccontato con i canoni del cinema classico, quello che vuole colpire oltre l'immagine effimera fino al punto di non cadere nelle trappole che il 3D poteva presentare.
La grande prova di due attori in gran forma come Ichikawa Ebizo e Koji Yakusho dà spessore al confronto ideologico-culturale nel quale il regista si insinua con bravura.
Ribadiamolo: quando Miike fa il regista 'serio' mostra classe da vendere.
Il DVD del film è disponibile su YesAsia.com e i sottotitoli in italiano sono facilmente reperibili in Rete.
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