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BFI London Film Festival 2018: vincitori e conclusioni

Anche quest’anno siamo giunti alla fine di questa maratona del BFI London Film Festival e la giuria ha annunciato i vincitori, per la prima volta con una cerimonia pubblica, il giorno prima del Closing Gala.

È con grande soddisfazione che riporto i premiati perché l’opera che ha vinto il Best Film Award mi è molto a cuore. Vediamoli:

Best Film Award, Official Competition:

JOY di Sudabeh Mortezai


Sutherland Award, First Feature Competition:

GIRL di Lukas Dhont


Grierson Award, Documentary Competition:

WHAT YOU GONNA DO WHEN THE WORLD’S ON FIRE? di Roberto Minervini


Short Film Award, Short Film Competition:

LASTING MARKS di Charlie Lyne

Come sempre il BFI London Film Festival è un’interessante vetrina sul mondo che dà la possibilità di vedere film che probabilmente non arriveranno mai sui lidi europei, e nel Regno Unito in particolare che, contrariamente alla percezione che si ha all’estero, a parte nicchie e frange, è un mercato molto commerciale e propone poco cinema straniero.
Vedere tutti i film del festival è naturalmente impossibile, anche nelle quattro settimane di press screening: le mie visioni sono la cosiddetta punta dell’iceberg, ma anche quest’anno vorrei annotare due filoni che ho notato tra i film visionati.
Primo fra tutti ho trovato e conosciuto una grande quantità di forti personaggi femminili ed eroine che mi rimarranno in mente e nel cuore per un bel po’.
C’è Joy, testarda a risoluta ma intrappolata dal destino, nell'omonimo film vincitore; poi Tina, la tormentata forza della natura di Border; Veronica, un genio del crimine per necessità in Vedove; Soni e Kalpana, due poliziotte che pagano un caro prezzo personale per proteggere i diritti delle donne a Mumbai in Soni; Zhao Ciao, una donna forte innamorata di un uomo debole ma capace di rimettersi sempre in piedi in Ash is Purest White; Mirai che viene dal futuro per insegnarci che il passato ci dà forma in Mirai; Mandy, una vittima dagli occhi grandi capace di scatenare l’inferno in Mandy, Miss. Luckmore, che ci illustra le perversioni dei grandi magazzini di In Fabric; Cleo e la sua dedizione al lavoro e la sua dolcezza in Roma; le quattro amiche giustiziere di Assassination Nation e Hae-mi, la cui assenza infiamma la frustrazione di classe e competizione maschile in Burning; Erin in una missione di vendetta molto personale in Destroyer e la buffa testarda Candy Wang in vestaglia rosa barricata sul tetto della casa di famiglia che non vuole lasciare alle ruspe in Dead Pigs; e infine Lee, la falsaria dal carattere impossibile di Can You Ever Forgive Me?
Poi il piacere malinconico e tutto visivo di alcune suggestive ricostruzioni del passato. Non i film in costume veri e propri, ma i tanti ambientati in un passato recente, Anni '70, '80 e soprattutto '90.
Una Città del Messico del 1970/1971, accuratissima e piena zeppa di dettagli in Roma e la meticolosa imitazione di un film fine '70/primi '80 che è The Old Man & The Gun. La bizzarria di un universo fuori tempo ispirato al passaggio dai '70 agli '80 di In Fabric e il viaggio attraverso gli ultimi decenni di trasformazione della Cina in Ash is Purest White. Le foglie che ci illustrano il passato nell’albero genealogico di Mirai e gli Anni '90 nei ricordi del doposcuola di Suburban Birds, prima che la selvaggia speculazione edilizia violasse campagne e dinamiche sociali. Lo psichedelico 1983 Heavy Metal di Mandy e la splendida New York dell’inverno 1991, dei bar e delle librerie in Can You Ever Forgive Me? E ancora, i primi '90 dell’estate di un Cile post-Pinochet in Too Late To Die Young.
Un passato vicino e pieno di emozioni che ancora ci toccano profondamente.


Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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