Miss Julie - Recensione
- Scritto da Fabio Canessa
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Dall'opera teatrale al film. Il cinema ha spesso saccheggiato il palcoscenico. Quasi un passaggio naturale per i grandi testi a cui va stretto un mezzo solo e rivivono con il loro immaginario in nuove forme. Uno di questi è Fröken Julie del drammaturgo svedese August Strindberg. Una tragedia, scritta sul finire dell'Ottocento, che conta diverse trasposizioni cinematografiche (e televisive). Tre i principali adattamenti: il film di Alf Sjöberg Palma d'Oro al Festival di Cannes del 1951, la versione firmata nel 1999 da Mike Figgis e l'anno scorso il lungometraggio di Liv Ullmann.
Presentato in anteprima mondiale lo scorso settembre al Toronto Film Festival, il film della regista non ha avuto particolare fortuna nonostante un cast importante composto da Jessica Chastain, Colin Farrell, Samantha Morton. La distribuzione debole, in generale, lo ha penalizzato. In alcuni Paesi, compresi gli Stati Uniti, è uscito soltanto in versione limited, in Italia è arrivato con un anno di ritardo. Come spesso accade uno dei mercati più attenti si è rivelato quello francese, dove il film è addirittura già uscito per l'home video. Scherzando si potrebbe dire che è colpa della ‘maledizione Chastain’. Superattiva, con una ventina di film solo negli ultimi 4 anni, spesso ‘invisibili’, usciti in ritardo e distribuiti malamente. Miss Julie è uno dei suoi quattro film del 2014, insieme a The Disappearance of Eleanor Rigby: Them, Interstellar, A Most Violent Year, e di questi solo il kolossal di Christopher Nolan ha avuto supervisibilità ed è arrivato anche nelle sale italiane. L'attrice americana d'altronde preferisce solitamente produzioni abbastanza piccole, scommesse che magari al botteghino si rivelano alla fine purtroppo perse, ma almeno artisticamente vincenti.
Anche Miss Julie, pur nelle sue imperfezioni che ne fanno un film non completamente riuscito, finisce per rappresentare una tappa interessante di un percorso attoriale che non trova minimamente paragoni con quello di altre interpreti dell'ultimo lustro. L'attrice interpreta la figlia di un conte che un giorno d'estate del 1890, in una grande casa di campagna, seduce il servitore del padre sotto gli occhi della cuoca di famiglia e amante dell'uomo. Rispetto all'opera originale, dove la vicenda è ambientata nella Svezia di Strindberg, Liv Ullmann sposta il contesto nell'Irlanda dove sono state effettuate anche le riprese. La villa e l'esterno vengono mostrate nell'ottimo incipit con un apprezzabile stile nella composizione delle inquadrature e dei movimenti di macchina. Su questi elementi la regista avrebbe potuto concentrarsi di più anche nel resto del film dove invece le scene in esterno quasi scompaiono e gran parte della vicenda si snoda all'interno della grande cucina con lunghi dialoghi tra i protagonisti.
Un'impostazione teatrale che tende con l'andare dei minuti ad appesantire un po' la visione, senza arrivare ad essere quell'esempio meraviglioso di ‘teatro cinematografico’ che si respira, per ricordare un altro lavoro di Jessica Chastain, in Salomé. Ritmo diverso, minore intensità rispetto allo stupendo adattamento dell'opera di Oscar Wilde firmato da Al Pacino. E certo Colin Farrell non ha il magnetismo del grande attore italoamericano. Né quello di Peter Mullan che interpreta lo stesso ruolo nella versione cinematografica di Miss Julie diretta da Figgis. Prova dignitosa la sua, ma ancora una volta Farrell dimostra certi limiti che in un film di recitazione come questo vengono fuori facilmente. Di certo non all'altezza di Jessica Chastain con la quale divide la scena.
Dominatrice che finisce per essere domata, l'attrice fa ancora vedere il suo versatile camaleontismo, dando al personaggio di Julie le sfumature necessarie. Il picco recitativo viene probabilmente raggiunto in una scena di rabbia in cui sventola una mannaia davanti agli occhi dell'attore irlandese. Scena che anticipa il finale che si riallaccia dal punto rivista registico in qualche modo all'incipit. Un bel colpo di coda che non cancella alcuni problemi del film, ma ne migliora il giudizio. Nel complesso positivo.
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Fabio Canessa
Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film. Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.