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Lupin III - Il film - Recensione

Lupin III - Film - 2014 - Recensione L'adattamento live action di Lupin conferma la bassa qualità cinematografica alla quale sembrano condannati i mitici personaggi di manga e anime nella loro versione in carne e ossa

Alla temibile operazione live action non sfugge nemmeno Lupin. L'inafferrabile ladro dalle lunghe basette era già evaso dalle gabbie delle pagine pensate dal suo creatore, il mangaka Monkey Punch, per muoversi liberamente nello spazio animato di serie di grande successo e anche di alcuni bellissimi lungometraggi come Il castello di Cagliostro firmato dal genio Hayao Miyazaki. Adesso salta nel mondo reale, trasfigurato dal cinema fatto con attori in carne e ossa. Acquista sembianze veramente umane, quelle della star giapponese Shun Oguri, e arriva nelle sale.
La storia si concentra su Lupin III, nipote del celebre Arsenio Lupin e universalmente riconosciuto come uno dei ladri più famosi del mondo. Tanto da far parte dell’organizzazione The Works. A capo di questo gruppo di ladri c'è il veterano Dawson, ucciso però da una banda di criminali nel corso di una rapina che ha come obiettivo un'antica collana custode della preziosa pietra Cuore rosso cremisi di Cleopatra. Lupin e i suoi amici - l'infallibile pistolero Jigen, il maestro con la katana Goemon e l'affascinante Fujiko - dovranno espugnare L’Arca di Navarone, la gigantesca cassaforte di massima sicurezza in cui il gioiello è custodito.
Per chi è cresciuto con gli episodi delle serie animate, vedere gli adattamenti in film con attori produce sentimenti contrastanti. Da una parte c'è la curiosità di vedere adattati i personaggi tanto amati, dall'altra la paura di veder rovinato quel ricordo da film non all'altezza. Paura spesso confermata dalla bassa qualità di molte trasposizioni cinematografiche di vecchi anime entrati nel cuore come un pezzo di infanzia e adolescenza al quale si resta sempre legati. Lupin, purtroppo, non diventa un'eccezione. E quasi vien da rimpiangere quell'assurdo adattamento del 1974, poco conosciuto, così trash da diventare in qualche modo di culto: La strategia psicocinetica. Qua di cinetica c'è l'azione, concitata, esagerata. E quindi annoiante. Anche perché le scene non sono nemmeno troppo esaltanti e la regia di Ryuhei Kitamura non regala particolari guizzi. Insomma, la via è quella dell'action movie che finisce per perdere di vista il cuore del racconto, quei personaggi già ben delineati nell'immaginario collettivo dalla visione degli episodi che compongono le serie tv continuamente riproposte nel corso degli anni.
Evocano davvero poco i personaggi. Lupin è in pratica riconoscibile solo per la consueta pistola semiautomatica Walther P-38 e le giacche, verde e rossa (fortunatamente evitata quella rosa che caratterizza la pessima terza serie animata), Fujiko non è particolarmente sensuale, Jigen e Goemon sono appena e malamente accennati. Il meno peggio alla fine risulta l'ispettore Zenigata, interpretato da un attore di grande livello come Tadanobu Asano. Così qualche bel sussulto arriva soltanto da un inseguimento che rispolvera la mitica 500 gialla e dagli indovinati titoli di coda. Piccoli brividi di effetto nostalgia tra le secche delle due ore abbondanti di visione.

Dunque l'adattamento di Lupin, anche se in fondo meno peggio di altri live action, conferma la bassa qualità cinematografica alla quale sembrano condannati i mitici personaggi di manga e anime nella loro versione in carne e ossa.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 1

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Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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