Far East Film Festival 2014: il diario della settima giornata
- Scritto da Danilo Bottoni
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Saltato a malincuore, per motivi di sopravvivenza (ma lo recupererò), From Vegas to Macau di Wong Jing, con l’immortale e carismatico Chow Yun-Fat, mi dirigo curioso verso un altro dei sei film provenienti dalle Filippine che il FEFF 16 propone quest’anno: Anita's Last Cha-cha, della regista Sigrid Andrea P. Bernardo. Presentato come sapphic-drama, si tratta in realtà di un simpatico coming of age nel quale Anita, la protagonista, è una ragazzina di 12 anni che s’innamora di Pilar (la bellissima Angel Aquino), una donna matura e libera, da poco tornata nel villaggio in cui vive.
L’autrice tratta con grande delicatezza e attenzione il tema dei sentimenti e delle passioni sia tra Anita e l’adulto, sia tra lei e i suoi amici, dirigendo con maestria un manipolo di ragazzini straordinari per naturalezza e simpatia. Un plauso speciale alla regista per avere evitato l’armamentario di stucchevoli carinerie che ammorbano di solito questo genere di film.
Pee Mak di Banjong Pisanthanakun, riprende una tradizionale storia di fantasmi thailandese, virandola in commedia. La leggenda d’amore tra Mak, partito per la guerra, e la moglie Nak, morta di parto in sua assenza ma che resta sulla terra per amore del marito, è già stata rappresentata cinematograficamente, in Oriente, innumerevoli volte. Difficile, per uno spettatore occidentale, capire l’effetto comico degli stravolgimenti e parodie dei vari nodi della vicenda. A noi rimane una comicità grossolana e poco attraente al servizio di una messa in scena che ha, nelle riprese notturne e nei bei paesaggi fluviali, forse il suo unico appeal.
Decisamente meglio è il seguito della giornata con The Terror Live del coreano Kim Byung-woo. Un terrorista fa saltare un ponte e inizia a trattare, con un conduttore di un programma radiofonico in diretta, lo scatenamento di eventuali altre azioni distruttive. Thriller di grande tensione che cresce di minuto in minuto fino ad assumere connotati quasi catastrofici. Sorvolando sui poteri quasi soprannaturali del bombarolo tecnologico, un ottimo prodotto d’intrattenimento con persino un po’ di critica socio-politica.
Il film migliore della giornata è una commedia coreana: Venus Talk di Kwon Chil-in. Storia di tre amiche quarantenni alle prese con i problemi dell’età, dei figli, dei rapporti con l’altro sesso, della malattia. La sceneggiatura, non a caso vincitrice di un concorso, è il punto di forza del film. I toni sono brillanti, i dialoghi naturali ma al contempo divertenti, le parti più amare e commoventi mai forzate. Le interpreti sono perfette nei rispettivi ruoli e l’idea di scommettere su volti non più freschi è stata ottimamente premiata dal successo in sala e in patria.
Shoot to Kill: Boy Golden di Chito S. Rono termina la serata in uno sfavillio di colori saturi dati dalla stupenda fotografia di Carlo Mendoza. Purtroppo, la fotografia è forse la cosa migliore del film, omaggio ai gangster-movie filippini degli Anni ’60. Il fascinoso bandito Boy Golden si allea con la provocante Marla per sterminare la banda del comune nemico. Finirà tragicamente dopo più di due ore di botte e sparatorie. Troppe per un film che non trova identità tra omaggio e rivisitazione.
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