Resident Evil: Retribution
- Scritto da Jlenia Currò
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Dopo un assedio alla nave Arcadia, Alice (Milla Jovovich) cade in mare e si risveglia con un look e una vita rinnovati. Non fa in tempo a gustare una colazione da spot di dolcezze confezionate che si ritrova la casa infestata da zombie rumorosi e scattanti. Ma la putrefazione in movimento non è circoscritta alle quattro mura. Orde di morti viventi rincorrono Alice e la figlia Becky (Aryana Engineer) rimasta orfana quasi immediatamente, finché uno di loro non ha la meglio sulla povera madre.
Alice si risveglia in una struttura clandestina della Umbrella Corporation. L’ambientazione è suggestiva, soprattutto grazie al supporto tridimensionale. I pannelli luminosi sagomano il corpo statuario della protagonista e riproducono una sensazione claustrofobica e frustrante di un criceto rinchiuso in una gabbia. Uno splendido criceto. Jill Valentine (Sienna Guillory), vecchia amica di Alice adesso sotto il controllo della Umbrella, tenta di interrogare la malcapitata quando un improvviso blackout permette al 'progetto Alice' di fuggire fino ad arrivare nel quartier generale della Umbrella dove incontra Ada Wong (Li Bingbing), alleata di Albert Wesker (Shawn Roberts). Sopravvissuto all’esplosione avvenuta nel precedente episodio, Wesker appare su uno schermo e spiega alla superdonna in tuta sadomaso che il T-virus della Umbrella continua a distruggere la Terra trasformando le persone in zombie. La narrazione si conclude qui.
Il riadattamento cinematografico del videogioco ha una sceneggiatura sterile e prescindibile. Se i personaggi evitassero di parlare per l'intera durata della pellicola non si noterebbe alcuna differenza. La minaccia globale, l’umanità a rischio, gli Stati Uniti che odiano la Russia, la Russia che odia gli Stati Uniti (ancora?) e bla bla bla. Paul W. S. Anderson ha messo dentro tutti gli stereotipi che anche un bambino si aspetterebbe tra azione, horror e fantascienza. I personaggi sono privi di spessore. La cura sembra concentrarsi soltanto nella preparazione fisica degli attori.
Il 3D è entusiasmante ma è eccessivo l’uso dello slow motion, per il quale è stato necessario servirsi di apparecchiature particolari. Forse per rispettare la durata minima di un lungometraggio e, a corto di idee, il regista ha usato questo espediente per recuperare qualche minuto in più. Furbo.
Titoli di coda. Le luci si accendono. Il mondo fuori è rimasto uguale. Nessun valore aggiunto, nessuna riflessione particolare a seguito del film.
Solo un’unica considerazione, Milla Jovovich sta bene anche con i capelli rossi. Un po’ di invidia, giusto quello.
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