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Frankenweenie

un'immagine tratta da frankenweenieDalla costola di un suo corto di quasi trent'anni fa, Tim Burton dà vita a una pellicola in bianco e nero di pupazzoni animati (stop motion) il cui protagonista indiscusso, insieme al piccolo Victor Frankenstein e al cane Sparky, è l'amore, quello di un regista che guarda al proprio passato. Comprimaria, inutile dirlo, la sua adorata armata delle tenebre, fatta di tutti quei 'mostri' che gli sono piaciuti (da Edward D. Wood Jr. alle Scimmie di Mare)

E, allora, con che cosa poteva aprirsi il Frankenweenie risorto? Con la magia del cinema, con la passione fanciulla per l'armamentario di mirabilia che non ha bisogno di effetti speciali, ma solo di affetti. Super speciali. S'apre con un film nel film, citazione di Plan 9 from Outer Space (e autocitazione di Ed Wood), fatto di fili a vista e mani di bambino a muovere gli attori/soldatini, con Sparky che sconfigge il godzillone di turno. Ma subito sulle siepi che cintano i lindi giardinetti delle case pastello (medesime epoca e atmosfera del suo capolavoro Edward Mani di Forbice) cala il nero di una notte senza più scodinzolii: l'adorato compagno d’avventure muore e il film prosegue nel mito di Frankenstein.
Ma quella di Burton, qui, è una rivincita sul tempo e il dolore perché Victor non crea mostri in nome della scienza e della sperimentazione, sfidando Dio, assemblando pezzi d'altri corpi, come l'omonimo dottore, ma resuscita con le lacrime, più che con le scariche elettriche, l’amico in carne e pelo e non gli frega un cavolo di tenergli un posto nel cuore come gli suggerisce la madre per consolarlo. Lui nel cuore – invocato anche dal fantasmagorico professore di scienze dal nome impronunciabile, Rzykrusk, e dalle fattezze di Vincent Price – vuole la gioia di un codino vivo. Poi sarà una gragnuola di citazioni cinefile, anche se definirle tali è riduttivo e ingiusto, perché quella che muove ogni pupazzetto (umanoide e non) di questo immaginifico bestiario horror è l'anima fanciulla di Tim Burton, quella che non cita ma è (!) quella per cui si va – andava? – via con lui, dentro il suo amore buio.
Infine – attenzione: segue SPOILER! – la pellicola svela finalmente la verità, tutta la verità, sulle Scimmie di Mare, restituite, corpo e mitica corona, all'immaginario di chi, bambino, ci fantasticava addosso dalle pagine dei giornaletti di serie B degli Anni '70, immancabilmente vicine agli occhiali a raggi x e ad altri spettacolari aggeggi da 007 di provincia. Ebbene... INIZIO SPOILER!... le nostre eroine non sono docili e, sigh, neppure ammaestrabili, tant'è che Burton regala loro una schizzata natura Gremlins. FINE SPOILER! Malgrado ciò – e il colpo è tosto - è bellissimo vederle in scena e le si vive una per una.

Frankenweenie
è il Burton che si volta indietro ed è tutto qui: mostri e ricordi redivivi del cuore. L'infanzia, probabilmente, si annoierà, ma se siete amanti dei vecchi cine-mostriciattoli entrateci dentro e fatevi un bagno caldo.
C'è un accappatoio azzurro… Fuori piove un mondo freddo.

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