Gangster Pay Day - Recensione (Far East Film Festival 2015)
- Scritto da Davide Parpinel
- Pubblicato in Asia
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Che Hong Kong stia cambiando è un dato di fatto. Che, però, anche i suoi gangster comincino ad avere un nuovo stile di vita risulta un po' meno scontato. Uno di questi è Ghost, interpretato dal grande Anthony Wong, gestore di un locale di karaoke. Insieme ai suoi soci B (Frankie Ng) e Two (Michael Chan) cerca di tenere questo luogo lontano dalla malavita e soprattutto dalle lobby immobiliari desiderose di impossessarsi dell'attività. La stessa minaccia incombe sulla Tea Room di Mei (Charlene Choi), finita nelle more di Bill (Philip Keung), cugino di Ghost che vorrebbe destinare il locale ai suoi traffici illeciti. Un giorno il destino di Ghost e Mei cambia. Mentre, infatti, l'uomo sta andando al funerale della madre, entra nella Tea Room. Qui la ragazza, affranta per la scomparsa del padre, compatisce il vecchio boss tanto da far nascere nell'uomo un sentimento d'amore. La ragazza, però, è innamorata di Leung, braccio destro di Ghost che è destinato ad essere la vittima della faida tra il boss e Bill. L'evento scatena la vendetta della triade.
Gangster Pay Day di Lee Po-Cheung è il ritratto di una Hong Kong in cui il potere terrificante e pericoloso delle triadi malavitose, celebrato per anni dalla cinematografia della città, si consolida su nuovi canoni. Seppur Ghost, Two e B abbiamo il corpo ricoperto di tatuaggi che ne celebrano il potere, seppur siano pervasi da freddezza e distacco negli atti di violenza, riescono a risolvere la questione con Bill utilizzando metodi a loro poco convenzionali come chiedere aiuto alla polizia. Il regista amplia questo scenario di cambiamenti anche alla società. La Tea Room di Mei, ad esempio, al posto di proporre la cucina tradizionale, predilige una strategia di vendita e prodotti più internazionali, meno ancorati al locale, come, invece, vuole Ghost quando ne diviene il gestore. L'idea, inoltre, di mutamento sociale dell'ex protettorato inglese si consolida anche nella brama delle lobby, impersonificata nella figura ombrosa e falsa di Bill, desiderose di acquistare tutto, di possedere ogni cosa, perché ricche e influenti. Il grande immobiliare, così, si scontra contro la tradizione che, con furbizia e intelligenza, riesce a spuntarla, perché ancora governata da principi, come si evince dalla caratterizzazione di Ghost.
La volontà del regista di porre in evidenza il cambiamento di Hong Kong, però, non è primaria. E' solamente il fondo concettuale su cui Lee struttura una commedia leggera, divertente, a tratti banale e prevedibile, che si conclude con il confitto finale tra i due cugini in maniera abbastanza retorica.
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Davide Parpinel
Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.