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Westworld: parte II, un bilancio della prima stagione

Seconda e ultima parte del nostro approfondimento sulla serie tv Westworld creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy. Dopo l'analisi della puntata pilota in cui sono stato proposti l'interrogativo iniziale, le linee narrative e la confezione visiva, la visione del decimo e ultimo episodio verifica l'evoluzione della serie dal momento iniziale a quello finale, nell'ottica di una seconda stagione

Dopo 10 puntate e circa 2 mesi di programmazione in cui supposizioni, aspettative, prospettive, pensieri, ansie e attese si sono accavallate e hanno dominato la mente, Westworld, la serie fantascientifica dei coniugi Nolan, Jonathan e Lisa Joy, è giunta al termine. E' già in programma la seconda stagione, in arrivo non prima del tardo 2018. Al momento quindi non resta che attestarsi su quanto lasciato dagli incastri, le lotte, le avversioni, gli amori, le illusioni e disillusioni, le scoperte e le fascinazioni tra il Dr. Ford, Bernard Lowe, la caparbia Meave, la dolcissima Dolores, il confuso William, Teddy e il temibile uomo vestito di nero.
E' giunto anche per il nostro particolare approfondimento sulle serie tv trarre le conclusioni in quel percorso di indagine narrativa e visiva iniziato nella puntata iniziale, per concludersi direttamente all'ultimo episodio, al fine di chiarire quanto è importante in una serie tv ciò che mostra il pilota. 

Domanda iniziale: "Hai mai dubitato della natura della tua realtà?". Questo è l'interrogativo che Bernard rivolge a Dolores nelle primissime battute di Westworld. Nel corso della serie la giovane protagonista viaggia accompagnata da William nella sua realtà di vita, il parco di Westworld, alla fine del labirinto che dovrebbe spiegarle se ciò che vive è verità o sogno. Giunta alla conclusione, Dolores scopre che la risposta al suo quesito passa per il concetto di violenza, da lei mai sostenuta a favore della bellezza, la quale domina anche la sua stessa natura a causa del potere esercitato dagli esseri umani su di lei e su tutti gli altri host. Questo dominio è così sviluppato da essere, paradossalmente, anche il motore del processo di indipendenza di coscienza della giovane donna che però lei crede di vivere spontaneamente. La sua esistenza è pertanto una triste realtà programmata. Il binomio sogno-realtà custodito nella domanda iniziale è, dunque, assorbito nella puntata finale dall'idea che 'tutto è concesso' fino a dimostrare che ciò che è reale, potrebbe non esistere e ciò che non è reale, potrebbe esserlo. L'epilogo, infatti, nei dialoghi tra il Dr. Ford prima con Dolores e dopo con Bernard conferma che ogni cosa è in apparenza possibile, come afferma il personaggio interpretato da Anthony Hopkins nel suo monologo conclusivo di fronte agli ospiti di Westworld a cui annuncia l'inizio di una nuova linea narrativa nella serie. Questa potrebbe essere caratterizzata da un'apparente maggiore libertà anche di coscienza per gli androidi che comunque rimangono sempre pedine nelle mani degli uomini e in particolare di un solo essere umano, Ford appunto. Ecco quindi che il potere di controllo degli umani sugli host, emerso come concetto base nel pilota, si consolida e racchiude la risposta di Nolan e Joy all'interrogativo iniziale.

Le linee narrative: tutto dominato dal progetto di un solo uomo. L'evoluzione caratteriale dei personaggi proposta nel pilota sembra trovare narrativamente un compimento. L'uomo vestito di nero, interpretato da Ed Harris, conclude tristemente la sua ricerca del labirinto iniziato con lo scalpo all'host nel pilota. Dolores, come detto, scopre la sua verità esistenziale allo stesso modo di Bernard Lowe, il quale nella puntata finale si rende conto di quanto la sua esistenza sia intessuta con quella di Arnold, il creatore insieme al Dr. Ford dell'idea Westworld. Poi c'è Maeve, che nel pilota aveva cominciato ad avvertire un mutamento interiore che nel finale si trasforma nel conseguimento di una verità di vita forse non così spontanea. Ancora Teddy si rende conto del suo essere sempre più pedina nelle mani degli uomini e William, interpretato da Jimmi Simpson, personaggio che appare a partire dal secondo episodio, in Westworld scopre la sua vera natura. E' veramente corretto affermare, però, che tutti questi personaggi giungono al proprio compimento narrativo? La risposta è racchiusa ancora una volta nel monologo finale di Robert Ford che lascia molti dubbi proprio perché a Westworld tutto è concesso e tutto è possibile. La narrazione presentata nel pilota è quindi sovvertita. Il mistero alla base di un possibile sconvolgimento narrativo insinuato nel primo episodio si conferma e allo stesso tempo si evolve immediatamente in quanto il fautore di tutto questo, Robert Ford, è la prima vittima dell'evoluzione della storia.

Westworld è una serie 'cinematografica'? La prima stagione di Westworld è un prodotto televisivo. Innanzitutto perché la regia si attesta sui codici visivi e stilistici impostati da Nolan nel pilota, a cui non è concessa alcuna libertà creativa nella scelta delle inquadrature o dei movimenti della camera o nella costruzione visiva delle scene in grado, così, di catturare l'attenzione dello spettatore. E' privilegiato maggiormente il dialogo, la parola, il confronto in particolare nella puntata finale che si presenta verbosa per la necessità di giustificare quanto seminato narrativamente nella stagione e che giustifica la durata di quasi 90 minuti, al contrario dei 55 delle altre puntate. Westworld, dunque, in questa prima stagione almeno, si consolida come una serie tv di sceneggiatura in cui la fascinazione visiva dettata dalla scelta di un linguaggio visivo in grado di 'mostrare per dimostrare' è scavalcata dalla volontà di spiegazione. 





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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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