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Diario da Venezia 78: giorno 2

Il nostro diario (quasi) giornaliero dalla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica che racconta la nostra vita quotidiana a sfioro del Lido, intrisa di film, opinioni, aneddoti, incontri, spunti e tantissime riflessioni, soprattutto di cinema

Secondo giorno alla Mostra del Cinema di Venezia 2021 e secondo Dario di racconti ed emozioni della nostra vita alla kermesse lidense. Il programma di oggi si è strutturato attorno a Paolo Sorrentino, alla visione del suo film, alla conferenza stampa e alla vita alla Mostra che si evolve, seppur manchi qualcosa. Ah… poi abbiamo visto anche il film di Shirin Neshat, inserito in Orizzonti Extra, il concorso in cui vota il pubblico. 

In diretta dal Lido. Prima di cominciare a raccontarvi la nostra giornata dobbiamo rendervi parte di una simpatica e dolorosa novità che abbiamo scoperto stamattina quando siamo saliti in Sala stampa al Palazzo del Casinò. Come potete osservare dalla foto che correda questo Diario, è accaduto quello che non ci aspettavamo: ebbene sì… gli avveniristici ascensori del Casinò, scintillanti e funzionanti mostrano già i primi segni di cedimento. Come vedete, uno dei tre, perché sono ben tre, non può raggiunge il terzo piano, quello dove c’è la sala stampa, perché il tasto 3 inserito nel luminosissimo pannello touch screen già non funziona! Ci auguriamo che il problema sia risolto al più presto e confidiamo sulla bravura dei tecnici, ma dobbiamo constatare, con un sorriso tra i denti, che questi ascensori hanno una maledizione, inesorabile e senza appello. Rivolgiamo a tal proposito un accorato appello a chiunque voglia donare circa 12 milioni di euro a La Biennale, la cifra era stata stimata dall’ex presidente Baratta qualche anno fa, per ristrutturare il Palazzo del Casinò. Fatelo per il cinema, per la storia, per Venezia, per chiunque vogliate, ma questo palazzo ha bisogno di una ricostruzione profonda! Per info contattateci che giriamo la richiesta al presidente Cicutto
Venendo a questioni più filmiche, la serata di ieri alla Mostra è stata caratterizzata dalla cerimonia di inaugurazione con la madrina Serena Rossi che si è dimostrata nei modi, nelle parole e nelle affermazioni perfetta per questo ruolo. Poi c’è stata l’assegnazione del Leone d’oro alla carriera a Roberto Benigni. Prima del suo discorso, ha trovato il suo spazio la presentazione di Jane Campion che ha tratteggiato la figura del comico toscano con delle parole sentite, franche e vere, nate dalla conoscenza diretta del suo cinema. Il palco, poi, è stato tutto per Benigni che nel suo monologo di ringraziamento oltre ad aver omaggiato la sua musa e moglie Nicoletta Braschi, ha ricordato i registi che hanno creduto in lui e tra una battuta al presidente Mattarella e al governatore del Veneto, Luca Zaia, ha citato Groucho Marx, facendoci molto ridere, anche per il modo in cui tale frase è stata pronunciata dallo stesso Benigni: “Gli uomini sono delle donne che non ce l’hanno fatta”. Quanta saggezza il caro Groucho! Ovviamente noi non abbiamo visto dal vivo la cerimonia perché non siamo stati invitati (ebbene sì, le cerimonie di apertura e chiusura sono su invito, o almeno questo è ciò che dice La Biennale), ma l’abbiamo vista comodamente da casa su Rai Play. 

Altra questione che vi avevamo promesso di approfondire: la “lotteria dei posti”, Gosetti dixit. Partiamo da un presupposto: a causa delle misura d’emergenza i posti nelle molte sale della Mostra sono dimezzati; poi il numero degli accrediti è considerevole e anche il pubblico si presenta sempre numeroso al Lido. Detto questo, subito dopo Ferragosto La Biennale ha rilasciato il calendario delle proiezioni per il pubblico, assegnandogli, nella teoria, un certo numero di posti; quello per gli accrediti è stato rilasciato circa una settimana fa. Gli accreditati possono prenotare i loro posti alle loro proiezioni, che a volte sono insieme al pubblico, 72 ore esatte prima della proiezione. Nello fattispecie, quindi, noi ci siamo appuntati gli orari esatti per poter prenotare i posto. Il problema qual è? È che tali prenotazioni sono aperte a tutti gli accreditati, stampa, industry, culturali, e si possono gestire solo dal browser. Seppur quindi, l’aggiornamento della pagina del browser sia costante, in alcuni casi è bastato un secondo di ritardo per non trovare più posto. Ci è capitato, infatti, di trovarci in una coda virtuale e di non avere più posti a disposizione. Ecco perché Gosetti ha definito questo sistema di prenotazione “una lotteria”. La prenotazione ha, comunque, degli aspetti positivi. Si può scegliere il posto; le code di accesso sono più snelle e non serve, infatti, stare sotto il sole per un lungo tempo in attesa di entrare. Ci sono, però, anche dei lati negativi. Come è possibile che in due edizioni che La Biennale ha proposto questo sistema di prenotazione, non sia stato possibile spostarlo su un'applicazione, più agile ed efficiente, senza dover aggiornare la pagina del browser, come si faceva fino al 2010? Poi, qual è il senso di assegnare, quindi, delle priorità cromatiche agli accrediti se poi nell’atto della prenotazione non se ne tiene conto? Gli accrediti di colore rosso o blu (a cui certamente sono dedicate delle proiezioni riservate, a cui, però, non è sempre possibile essere presenti per la mole dei film da vedere), stando alle classificazioni dettate da La Biennale hanno una priorità rispetto ai culturali, ma nonostante ciò si trovano a perdere la visione di un film per un refresh di troppo. Questi grandi quesiti ci auguriamo abbiamo una soluzione quanto prima. La realtà dei fatti è che per questo 'gioco' delle prenotazioni, non potendo esserci alla proiezioni per la stampa del film di Michelangelo Frammartino, Il buco, non siamo riusciti a prendere nemmeno un posto per le altre riservate agli accrediti. Sfuma, quindi, la visione del film di uno dei registi che volevamo assolutamente vedere. 

Capitolo conferenze stampa. Abbiamo seguito solamente la conferenza stampa del film di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio. Oltre al regista erano presenti Toni Servillo, Filippo Scotti, Luisa Ranieri e Teresa Saponangelo. Il regista ha precisato sin da subito che questo ultimo lavoro è stato dettato da un’esigenza personalissima che l’ha condotto a creare un film semplice ed essenziale in cui hanno parlato i sentimenti e le emozioni. A tal propositivo Toni Servillo ha precisato che Sorrentino da anni gli diceva che avrebbe cercato prima o poi, la misura giusta, la distanza adeguata per poter raccontare questa sua storia. Le domande poi si sono concentrate su Maradona, sulla sua figura immortale che il regista partenopeo ha definito semidivino. Lodi da parte del cast e dei giornalisti a Filippo Scotti per la sua, convincente, interpretazione. Sorrentino poi ha ricordato Antonio Capuano, regista che cita nel suo film e che è stato uno dei suoi maestri per la sua capacità di creare il conflitto e per la sua vitalità. 

Finalmente in sala. È stata la mano di Dio. Innanzitutto vi diciamo che ci siamo goduti la proiezione in una Sala Darsena ordinata e spaziosa per l’alternanza dei posti liberi. Poi il film. A noi ha convinto. Paolo Sorrentino ha raccontato in maniera concreta e profonda una vicenda personale, la scomparsa dei suoi genitori avvenuta quando lui aveva 17 anni, proprio negli anni in cui Maradona faceva sognare Napoli e i napoletani. I virtuosismi con la macchina da presa, il lirismo delle sue immagini, gli scorci umani statici e impassibili, hanno lasciato lo spazio alla parola e ai sentimenti, alle emozioni, quelle di un ragazzo che si trova improvvisamente orfano e privato di un forte amore genitoriale. La storia è chiara e si incardina su un prima e un dopo l’evento drammatico nella vita del giovane protagonista: da ragazzo innamorato di Maradona e in cerca della sua 'prima volta', questo si evolve in un adolescente che si circonda di dubbi sul suo presente, seppur capisce che nel suo futuro ci sarà il cinema. Sullo sfondo Napoli, madre comprensiva e accogliente che aiuta il giovane protagonista a ritrovarsi. Anche il ritmo generale del film, quindi, cala rispetto ai film precedenti, la musica si abbassa e tutto il linguaggio si accorda sugli umori dei protagonisti. Una svolta per il cinema di Sorrentino? Forse solo la normale evoluzione di un regista in moto e mutamento che ha saputo regalarci davvero un grande film. La pellicola fa parte del concorso di Venezia 78.
Il secondo film che abbiamo visto è Land of Dreams diretto a quattro mani da Shirin Neshat e Shoja Azari, entrambi registi iraniani. La loro pellicola, inserita nella sezione Orizzonti Extra, che quindi è valutata dal pubblico, non ci ha convinti perché non è chiaro, a nostro parere, il suo senso. Una giovane iraniana, Simin (Sheila Vand) vive negli Stati Uniti da cittadina libera, lavora per l’ufficio del censimento che gli chiede di registrare e catalogare anche i sogni degli americani che incontra. Dopo aver svolto il suo lavoro, la ragazza, tornata a casa, registra un video in cui reinterpreta gli intervistati e in lingua farsi descrive i loro sogni, proponendo poi il video sui social iraniani. Un giorno, poi, la società per cui lavora, la incarica di recarsi da alcune persone che si sono sempre dimostrate respingenti nei confronti del censimento, così da poter registrare anche i loro sogni. In questa avventura è accompagnata da due uomini: un poeta innamorato di lei (William Moseley), e un cowboy, ora poliziotto, (Matt Dillon) che la protegge con modi duri e rudi. In tutto questo i registi non spiegano correttamente come la ragazza valuti il suo lavoro, se ne è convinta o lo fa per dovere; perché faccia questo gioco sui social; cosa incarnino i gruppi di persone che rifiutano di essere censiti e quale elemento narrativo ricoprono i due uomini, ai fini della storia. Anche l’immagine, la fotografia, l’impianto visivo di cui la Neshat è una maestra, appare poco curato e studiato, se non fosse per la scena finale. Quando a luglio abbiamo sentito che il film della bravissima regista iraniana, già Leone d’argento per la miglior regia nel 2009 con Donne senza uomini, non era stato preso in considerazione nemmeno per il Fuori Concorso, abbiamo quasi urlato alla scandalo. Ora abbiamo capito.

L’atmosfera. La linfa della Mostra sta crescendo. A mano a mano che il tempo passa, i registi e gli attori arrivano e le delegazioni si appropriano dello spazio del Lido, sale anche l’effetto magico di questa kermesse di cinema. Certo anche oggi abbiamo notato un buon numero di persone popolare la cittadella, ma forse sarà che il red carpet è stato privato della folla di giovani e adulti attorno e che negli spazi dell’Hotel Excelsior si accalcano in pochi, ci sembra che questa Mostra manchi di qualcosa. Sarà un'impressione che forse muterà. Domani è il giorno di Pablo Larrain e questo è già molto.


Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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