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Festival di Cannes 2019: cosa aspettarsi e in cosa sperare

Siamo a marzo e già parliamo di Cannes, ma non è troppo presto? Prendendo spunto da un articolo apparso qualche giorno fa su The Hollywood Reporter, cerchiamo di capire cosa servirebbe al festival francese per tornare a essere una valida vetrina di cinema

Qualche giorno fa, per la precisione il 6 marzo, a circa due mesi dall'inizio del 72esimo Festival di Cannes (14-25 maggio) The Hollywood Reporter ha pubblicato un articolo scritto a tre mani da Scott Roxborough, Alex Ritman, Patrick Brzeski, dal titolo Cannes Festival Buzz: 50 films that could make the lineaup (Indiscrezioni dal Festival di Cannes: i 50 film che potrebbero essere presenti).

La lista è la seguente:
Pain and Glory, Pedro Almodovar; As Long as the War Lasts, Alejandro Amenabar; About Endlessness, Roy Andersson; Against All Enemies, Benedict Andrews; Memoria, Apichatpong Weerasethakul; Midsommar, Ari Aster; The Traitor, Marco Bellocchio; Zombi Child, Bertrand Bonell; Parasite, Boon Joon-ho; Ahmed, Fratelli Dardenne; The Wild Goose Lake, Yi'nan Diao; Oh Mercy, Arnaud Desplechin; Matthias & Maxime, Xavier Dolan; Jeanne, Bruno Dumont; Le Daim, Quentin Dupieu; The Lighthouse, Robert Eggers; Guest of Honor, Atom Egoyan; A Girl Missing, Koji Fukada; Pelican Blood, Katrin Gebbe; Ad Astra, James Gray; Little Joe, Jessica Hausner; The Dead Don't Die, Jim Jarmusch; Mektoub My Love: Intermezzo, Abdellatif Kechiche; The Truth, Hirokazu Kore-eda; To the End of the Earth; Kiyoshi Kurosawa; The True History of the Kelly Gang, Justin Kurzel; Ema, Pablo Larrain; Luz, Flora Lau; Sorry We Missed You, Ken Loach; Radegund, Terrence Malick; The King, David Michod; C'est Extra, Guillaume Nicloux; Manor House, Cristi Pui; The Whistlers, Cornelieu Porumboiu; First Cow, Kelly Reichardt; Frankie, Ira Sachs; Uncut Gems, Josh and Benny Safdie; Portrait of a Lady on Fire Celine Sciamma; The Irishman, Martin Scorsese; Wicked Games, Ulrich Seidl; Waves, Trey Edward Shults; The Laundromat, Steven Soderbergh; It Must Be Heaven, Elia Suleiman; All-Inclusive, Malgorzata Szumowska; Once Upon a Time in Hollywood, Quentin Tarantino; Sibyl, Justine Trie; Proxima, Alice Winocour; Wendy, Benh Zeitlin; One Second, Zhang Yimou; Where It Begins, Zhao Fei; An Easy Girl, Rebecca Zlotowski.

Dando una scorsa ai nomi e ai titoli il primo pensiero è: quale potrebbe essere stato il motivo per cui, a circa sessanta giorni dall'inizio del festival, è necessario stilare un'ipotetica lista di titoli che necessariamente, per blasone e caratura dei registi, al 90% è composta da film che devono confluire nel concorso principale (composto da ventuno lungometraggi)? Tralasciando, infatti, figli e figliocci di Cannes, in questa lista compaiono davvero tutti i possibili nomi dei registi più noti al pubblico che ad oggi sono in fase di post produzione o di rifinitura dei loro ultimi lavori. Pensare al festival di Cannes a marzo è francamente presto. Aprile è il mese più giusto per stilare un toto-nomi, quando dal palazzo sulla Croisette in cui Thierry Fremaux e colleghi hanno quasi completato la selezione, sono già uscite alcune notizie ufficiali. Ad oggi è stato annunciato solo il Presidente di giuria che sarà Alejandro Gonzáles Iñárritu. Con almeno il film di apertura in mano, si potrebbe cominciare a fare le prime considerazioni. Tra l'altro nella top 50 di Hollywood Reporter ci sono potenzialmente 40 possibili film di apertura!

Non vogliamo togliere valore all'articolo dei tre giornalisti americani. Se hanno deciso di proporre questo contenuto sulle loro colonne, probabilmente c'è stata una precisa scelta editoriale. Ecco appunto, quale potrebbe essere stata tale scelta? Cercare di creare più attesa possibile attorno al festival francese così magari da riportare Hollywood e dintorni a godere del primo sole della stagione della Costa Azzurra, a discapito del caldo sole di settembre del Lido di Venezia e della Mostra del Cinema? Oppure capire quale sarà la prossima mossa di Fremaux nella battaglia contro Netflix, considerando che alcuni titoli presenti nella Top 50 sono distribuiti dal player americano? In particolare riferimento a questo ultimo quesito, l'articolo americano inizia con la considerazione che in terra francese brucia ancora molto la scelta di escludere Roma di Alfonso Cuaron dalla selezione del 2018, perché prodotto e distribuito da Netflix (tra l'altro sulla battaglia Cannes vs Netflix lo scorso 5 marzo su IndieWire è stato pubblicato un articolo che proponeva diverse possibili soluzioni a questo divorzio. Anche in questo caso, però, le proposte erano più supposizioni, dal momento che né l'organizzazione di Cannes, né tanto meno Ted Sarandos, numero 1 di Netflix, hanno rilasciato comunicati ufficiali su come sbrogliare la questione).

La vittoria di un Oscar è certamente un obiettivo importante per qualunque film, in particolare se americano, e assume ancora più valore se queste pellicole hanno riscosso un primo successo lontane dall'America, ad esempio in Europa. L'assegnazione della statuetta dell'Academy può portare, conseguentemente, molto lustro, e quindi pubblico e quindi fama e quindi soldi, anche ai festival europei che in quest'epoca, si trovano sempre a dover fare molti conti a fine mese. Il cinema però, non gravita solo attorno agli Oscar, né ai premi. Forse, infatti, più che concentrarsi sulla battaglia tra Netflix e Cannes, più mediatica che artistica, o su quanti film lanciare per la prossima stagione degli Academy Awards, il festival di Cannes dovrebbe tornare a concentrarsi sul cinema, inteso come produzione artistica. Nelle sue ultime selezioni, infatti, i titoli e i registi di grande fama non sono mancati, ma forse è venuta meno la volontà di indagare la proposta cinematografica internazionale. Nel 2018 il concorso francese ha presentato i film di Hirokazu Kore-eda (vincitore della Palma d'oro), Spike Lee, Asghar Farhadi, Stéphane Brizé, Matteo Garrone, Jean-Luc Godard, Alice Rohrwacher, Jia Zhang-ke, Pawel Pawlikowski, Jafar Panahi, Lee Chang-dong, Kirill Serebrennikov. A parte il blasone, cosa ha accomunato i film di questi registi? E soprattutto in questa selva di nomi noti, qual è stata la sorpresa? Non per tirare l'acqua al mulino di Alberto Barbera e dei suoi selezionatori, che si possono accusare, al contrario, di strizzare un po' troppo l'occhio al cinema yankee, ma le ultime edizioni della Mostra hanno proposto un tema comune evincibile dalla visione completa del concorso. A dimostrazione di ciò, poco prima della sua scomparsa nel 2015 Jonathan Demme fu Presidente di Giuria del concorso di Orizzonti alla Mostra. Al termine della sua esperienza dichiarò che la selezione dei film aveva manifestato con chiarezza il grido di allarme lanciato dal Mondo sul suo stato d'essere, accolto da tutti i registi presenti in questo concorso. Bilanci più legati all'idea, attimi di riflessione globale dettati dal lavoro dei registi non si fanno vedere in Costa Azzurra da parecchi anni. In più al festival francese ultimamente latitano anche gli outsider. Con l'esclusione di Laszlo Nemes, la cui potente opera prima, Il figlio di Saul, fu proprio consacrata a Cannes, il suo concorso da ormai troppe edizioni si consolida sempre sugli stessi nomi, dato confermato anche dalla Top 50 di The Hollywood Reporter. La Mostra, dal canto suo, cerca sempre di proporre un nome nuovo e un nuovo modo di interpretare il cinema. Solo negli ultimi anni, senza andare troppo indietro nel tempo, Samuel Maoz ha vinto il Leone d'Oro nel 2009 da sconosciuto, esattamente come Lorenzo Vigas nel 2015. La Mostra del 2017 ha portato in trionfo lo sconosciuto Xavier Legrand, come l'anno scorso Jennifer Kent la quale con The Nightingale ha riscosso applausi da critica e pubblico, aggiudicandosi il Premio speciale della giuria, lo stesso riconoscimento andato l'anno prima, nel 2016, a The Bad Batch di Ana Lily Amirpour, altro nome fino a quel momento poco noto.

Dal nostro punto di vista, quindi, più che pensare ai nomi o alle guerre ideologiche, il festival francese dovrebbe porre al centro dei suoi interessi la volontà di scoprire il cinema. Possiamo affermare ciò, perché sappiamo quanto Thierry Fremaux sia un appassionato amante della settima arte con una conoscenza vastissima di quello che il cinema ha prodotto, e una sempre viva volontà di scovare nuove visioni e punti di vista nel cinema.
Rimandiamo, quindi, ad aprile, poco prima della conferenza stampa di presentazione, la nostra possibile lista dei nomi per il concorso di Cannes, nell'attesa che ci possa essere qualche bella novità, perché lo scopo dei festival come dei giornali di cinema deve essere sempre, e solo, lasciarsi affascinare dal cinema.

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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