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Conclusioni Venezia 72 - Parte I: ricordi e considerazioni a mente fredda

Con calma, lucidità e un pizzico di nostalgia riguardo i giorni passati alla Mostra del Cinema 2015 per capire quanto mi ha proposto e cosa ricorderò per sempre

Capitolo 1: considerazioni. Come ogni anno mi ritrovo al termine della Mostra del Cinema a vivere intense emozioni di nostalgia e malinconia per la fine di questo bello e reale sogno. Eppure c'hanno provato a non permettermi di assaporare queste sensazioni, trasformando il rammarico per la fine dell'esperienza con la rabbia e il dissapore per un palmares di premi che appare davvero incomprensibile in alcune sue assegnazioni.
Prima quindi, di potervi descrivere i ricordi più fulgidi e indelebili di Venezia 72, permettetemi di trasferire a voi che leggete quanto serbo nell'animo a riguardo del cinema proposto quest'anno alla Mostra.

Non credo che la giuria presieduta da Alfonso Cuarón abbia sbagliato. Non credo nemmeno che il Leone d'oro e il Leone d'argento, in particolare, siano stati assegnati a due film non meritevoli. Credo piuttosto che ad ogni azione corrisponda una reazione. Ecco quindi che il palmares di Venezia 72 è figlio di ciò che è stato il Concorso. Il direttore Alberto Barbera ha più volte affermato che la Mostra ha il dovere di scoprire e proporre nuovi talenti. Esatto, sono concorde. Allo stesso tempo il Concorso di una rassegna d'arte cinematografica deve anche avere il compito di proporre, di rivelare, di illustrare, di indirizzare un'idea comune, uno stato generale, una riflessione globale sullo stato non solo del cinema, ma anche del presente e dell'uomo. Nella conferenza stampa finale dopo l'assegnazione dei premi, il presidente della giuria di Orizzonti Jonathan Demme ha voluto ribadire con forza che l'immagine finale alla visione dei film inseriti in questa sezione ritrae un mondo malato e con un forte bisogno di aiuto. Perché non ho avuto questa stessa sensazione dopo aver visto i film del concorso Venezia 72? Perché non ho avuto la percezione che dalla visione delle 21 pellicole sia emerso un indirizzo per comprendere meglio ciò che mi sta attorno? Probabilmente ciò è dipeso da una mia distrazione o miopia, non c'è dubbio, ma aggiungo anche che il motivo è da rintracciare nell'assoluta eterogeneità della selezione. Proporre il maggior numero di produzioni mondiali del cinema non ha molto senso se si privilegiano pellicole come The Endless River solo perché è sudafricano, ma la cui collocazione più adeguata è il sabato pomeriggio su Canale 5. Questa ricerca di nuove cinematografiche così per come è stata proposta perde di valore se non è associata a un'idea originaria, una direttrice di analisi a cui la giuria possa aggrapparsi al momento delle scelte. L'idea, inoltre, di azzardare e di proporre film di registi esordienti o che non sono mai stati presenti alla Mostra non può essere considerato un criterio di analisi, ma solo uno stato di fatto. Se questo è lo stato di cose, chi deve giudicare si attesta sulle proprie volontà, su percezioni soggettive che risultano scoordinate tra tutti i giurati e così l'assegnazione del Leone d'oro a Desde Allà di Lorenzo Vigas assume una motivazione più sensata. Probabilmente ha affascinato alcuni membri della giuria proprio per quel suo essere un'opera prima ricolma di immaturità artistica e molta didascalia da cui ovviamente un regista che si avvicina per la prima volta alla macchina da presa in un lungometraggio non può non prescindere.

Un concorso, dunque, così sbalestrante è figlio di una selezione effettuata con criteri poco chiari. Ciò è dovuto probabilmente a un comitato di selezione che rimane valido nelle sue singolarità, ma che forse insieme ha esaurito la sua missione. Probabilmente è il caso di cambiare i suoi collaboratori, caro Direttore, di avere sguardi nuovi.
Un reale sguardo al cinema più nuovo e innovativo, dunque, avrebbe forse costruito una selezione più adeguata a sostenere gli unici due lungometraggi che davvero hanno segnato un nuovo percorso nella storia del cinema: Francofonia di Aleksandr SokurovBehemoth di Zhao Liang. Seppur devo ammettere di essere rimasto piacevolmente colpito anche dal tocco autoriale di Marco Bellocchio e dalla leggerezza e dal graffio narrativo di Anomalisa, il film russo e quello cinese nel Concorso di Venezia 72 si stanziano in un universo a parte, per il loro carattere di intendere l'arte cinematografica come un processo di educazione e insegnamento interdisciplinare all'interno di una fattura estetica ineccepibile e una fascinazione infinita. Siccome però Sokurov ha già vinto il Leone d'Oro nel 2011 con Faust e un altro cinese che vince a Venezia non si può sentire, come predica buona parte della stampa italiana in queste chiacchiere da bar, allora queste due pellicole si escludono dalla vittoria e nella storia della Mostra rimane un Leone d'oro che di particolarmente artistico ha davvero ben poco.
Sottolineo il carattere artistico perché la Mostra non è un Festival. A Venezia si dovrebbero vedere i nuovi processi di sviluppo dell'arte, come ben è a conoscenza il Presidente Paolo Baratta, che nelle altre manifestazioni della Biennale ha dato contesto a questa linea di analisi.
Mi dispiace affermare tutto ciò, ma queste parole nascono dalla mente di una persona che ama profondamente la Mostra in quanto manifestazione artistica che in termini di visioni ha davvero contribuito moltissimo alla propria formazione.
Se però, i sentimenti passano, i ricordi sono immutabili.

Capitolo 2: ricordi. Ecco dunque i miei personalissimi e speciali ricordi della Mostra 2015:

- Le musiche che ricorderò più piacevolmente sono allo stesso modo la versione di Scala & Kolacny Brother di Nothing Else Matter inserita in Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio e Missing di The xx canzone del tema di L'attesa di Piero Messina. Certo non potrò mai dimenticare anche il personaggio di Lisa, la protagonista di Anomalisa, che canta a cappella con cori annessi Girls just want to have a fun di Cyndi Lauper anche nella traduzione italiana;

- Il ricordo del cibo migliore è legato alla cena di redazione svoltasi l'ultima sera della Mostra al ristorante La Tavernetta che ha conferito la giusta funzionalità al mio stomaco. Seppur apprezzi il miglioramento delle strutture di ristorazione di Tino e l'educazione e la pazienza dei suoi lavoratori, il cibo rimane un buco nero interminabile;

- Il ricordo più fastidioso è legato al controllo delle guardie di sicurezza che ogni qual volta sia entrato nelle zone della Mostra verificavano, con molta educazione, la foto del mio accredito. Dal momento che tale immagine risale a 10 anni fa e in questi anni la mia fisiognomica è mutata, non sempre credevano che fossi io. Caro ufficio accredito della Mostra, vi scongiuro di aggiornare la foto, dal momento che ogni anno nel modulo di accreditamento chiedete di inserirne una recente;

- Un altro ricordo parecchio indigesto è legato alla confusione di grida e risate dei fotografi italiani in sala stampa;

- Il ricordo del regista più felice di essere alla Mostra è legato a Pengfei, regista di Underground Fragance, inserito nelle Giornate degli Autori. Il suo sorriso beffardo e tagliente nascondeva una reale emozione nell'essere presente alla Mostra e soprattutto nel ricevere il prolungato applauso di apprezzamento al termine della proiezione;

- Al contrario il ricordo del regista più deluso, o per meglio dire più adombrato, è quello di Zhao Liang nel momento in cui ha constatato che i giornalisti cinesi hanno volutamente disertato la conferenza stampa di Behemoth;

- Il ricordo più pressante e opprimente è legato al mio orologio quando segnava le 3:00 di notte, orario in cui ogni sera andavo a dormire. Stanco, ma soddisfatto del lavoro svolto, mi addormentavo consapevole che la tregua tra una giornata e l'altra sarebbe durata solo 4-5 ore;

- Uno dei ricordi più divertenti è quella relativo a un ragazzo di origine cinese che cantava Oops I Didn't Again di Britney Spears come se non ci fosse un domani durante il Chinese Panda Party;

- Il ricordo più tenero è legato alla folla di ragazzini cinesi che al termine della proiezione ufficiale di Mr. Six sabato 12 hanno seguito il cast dalla sala all'Excelsior nella speranza di un autografo e una foto con i loro divi. Nonostante l'ufficio stampa e i vari assistenti facessero da scorta, la folla di fan non si è data per vinta e ha desistito solo al grido perentorio di allentamento dell'attore Feng Xiangang;

- Il ricordo della scena più bella è relativa a Behemoth. Un operatore ecologico cammina in una strada deserta e raccoglie piccoli e insignificanti rifiuti immerso in una città che al momento è solo una cornice. La macchina da presa lo segue senza avvicinarsi ponendo così in luce la totale insensatezza della sua azione e più in generale dell'esistenza umana in quel contesto;

- Il ricordo della scena più divertente è il dialogo tra il Conte, Roberto Herlitzka, e il suo dentista interpretato da Toni Bertorelli in Sangue del mio sangue in cui i due anziani mettono in evidenza la loro inadeguatezza nel vivere oggi attraverso momenti di profonda tragedia e altri di caustica comicità;

- Il ricordo della scena più difficile da vedere è lunga quanto un film, ossia il delirio visivo su cui si fonda Heart of a Dog di Laurie Anderson. Nutro profonda stima e gratitudine per questa donna e artista, ma proprio perché così grande dovrebbe avere la consapevolezza di farsi da parte;

- La scena che ricordo come più senza senso è di The Return di Green Zeng, film di Singapore inserito nella Settimana della Critica. Il regista ha deciso di usare un'ottica da fish-eye per ritrarre una telefonata di lavoro di uno dei protagonisti all'interno di un parco della città. Non c'è nessuna attinenza con sogni, ricordi, memorie o altro di visionario in quanto la scena sta proponendo un reale stato di cose;

- Il ricordo più bello in assoluto è legato alla preparazione dell'intervista a Hou Hsiao-hsien. In quattro a pensare e decidere quali domande porre al regista per uscire non solo a capire qualcosa in più della sua storia cinematografica, ma soprattutto per cercare di carpire dalla sua voce un parere o una verità sull'oggi. Un lavoro di squadra che ha trovato soddisfazione nella disponibilità del regista;

- Allo stesso modo un altro ricordo indelebile sono i sorrisi di Hou e di Fruit Chan quando dopo l'intervista si sono concessi al nostro progetto #selfiedemmerda. Il modo in cui sono passati dalla concentrazione per le domande all'espressione di rilassatezza ha dimostrato come in fondo anche loro hanno necessità di leggerezza ogni tanto;

- C'è un ultimo ricordo che spinge per uscire. Il ricordo più bello è relativo alla sinergia lavorativa del gruppo di LinkinMovies.it che si è adoperato per permettere alla rivista di progredire e crescere e fornire a voi che leggete una copertura dell'evento esauriente e ricca. 


Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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