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Diario Festival di Rotterdam: spunti dall'Estremo Oriente

Dal concorso principale alle sezioni collaterali: spingendosi ai margini del programma dell'International Film Festival di Rotterdam 2015 si scoprono spunti interessanti, narrazioni impensabili e riflessioni profonde. Comun denominatore la voglia di concentrarsi su questioni globali come l'uomo e lo stare al mondo

Thailandia-Giappone-Filippine, più un curioso esperimento narrativo dall'Europa. Questo il menù cinematografico proposto nella giornata di ieri dal 44esimo Festival di Rotterdam. Tra questi un debuttante e due registi consolidanti. Si parte, quindi, dal novizio.

La visione thai sulla vita. Jakrawal Nilthamrong è il regista di Vanishing Point. E' thailandese e ha all'attivo solo cortometraggi. Il suo primo lungometraggio, in concorso per l'Hivos Tiger Award, si focalizza sul conto che la vita prima o poi presenta a ogni uomo. Vittime o carnefici di tale punto di vista sono un padre di famiglia, residente in una delle migliori zone di Bangkok, completamente avulso da sentimenti nei confronti della moglie e della figlia, perché concentrato sia sull'amore nei confronti della sua giovane amante e sia sulla passione voyeuristica di spiare nelle loro stanze i clienti del motel che gestisce. La figlia dell'uomo, invece, imbrigliata nella fitta trama di bugie neanche troppo articolate dette ai genitori, decide di andarsene, ma questa fuga risulta fatale. La pellicola, infatti, inizia con la ricostruzione della scena di un delitto, compiuto dalla polizia insieme all'indiziato in mezzo a un bosco. Solo alla fine si capisce chi è la vittima. La strategia narrativa adottata da Nilthamrong è quella di un flash-back mascherato in cui non è rilevante capire come la storia arrivi a un certo punto e perché, in quanto quello che desidera il regista è porre l'attenzione sull'imprevedibilità della vita e sul suo effetto sconquassante nell'uomo. Ciò si percepisce attraverso l'atmosfera anestetizzata e di calma apparente che pervade la pellicola. La macchina da presa si muove tra le azioni dei protagonisti, tra cui un'anziana maitresse che, grazie al rapporto con un giovane cliente, comprende quanto sia meglio godersi la felicità con il suo vero uomo, per cristallizzarne parole e azioni ed evidenziare, così, il loro stato di esistenza in pausa, fino a giungere all'imprevedibile svolta finale. Vanishing Point, dunque, si propone chiaramente nel raccontare come le azioni della vita possano influenzare il resto dell'esistenza con una tecnica ben studiata che prevede anche momenti di karaoke e musica popolare, perché la vita è anche leggerezza. 

Il surreale punto di vista filippino. Khavn de la Cruz è un cineasta attivo e prolifico. L'IFFR propone, nella sezione Spectrum, la sua ultimissima produzione in anteprima mondiale e finanziata dalla Hubert Bals Fund, l'ente di produzione che collabora con il festival. Desaparadiso è la privazione del paradiso dopo la vita, per coloro che scomparvero improvvisamente durante la dittatura del generale Marcos (1972-1986). La pellicola, in particolare, si concentra sulla sparizione dei due figli maschi di una famiglia. Non c'è dramma, né tragedia, ma solo non-sense e un tono surreale, ironico. Il regista filma la prima parte in b/n e la sola voce della radio di propaganda del regime a bassissimo volume in grado di rendere muta la voce della disperazione dei familiari. Questi vivono il loro dolore con azioni eccessive, come se fossero i protagonisti di un film muto di inizio Novecento. Quando poi il figlio minore, bardato come un Cappuccetto Rosso principesco, si inoltra nel bosco alla ricerca dei due fratelli, i colori si accendono e identificano le varie tappe di discesa all'inferno del dolore del giovane. Questo incontra tribù, barbari e selvaggi che cucinano le vittime in pentoloni, uomini sepolti vivi, crocifissioni e riti sacrificali. Il tutto descritto in assenza di dialogo e da gesti plateali ed espressioni del viso ridondanti. L'unica voce è quella di un cantastorie che intona canti popolari. Desaparadiso è, quindi, tutto questo. Enigmatico, ma lineare, spietato, crudele e chiarissimo nel messaggio.

Il sesso in una coppia giapponese. Altrettanto lineare e semplice è Undulant Fever di Hiroshi Ando, sempre inserito nella sezione Spectrum. Il regista prende spunto dal romanzo erotico di Kei Nakazawa del 1978. La pellicola ripropone, infatti, l'atmosfera del periodo. Il protagonista è il sesso che si insinua nella vita di Emiko e Hiroshi. I due ragazzi sono fidanzati anche se le priorità di entrambi sono diverse. Lei si dice innamorata, mentre lui preferisce solo consumare rapporti sessuali autoreferenziali e senza alcun tipo di sentimento. Il regista non lascia molto spazio al dolore o alle prese di posizione, perché riesce a esprimere perfettamente la freddezza provata da entrambi nel seguire le proprie pulsioni. Ciò a cui si assiste appare così reale: espressioni controllate, scatti di ira, lacrime versate senza alcun motivo. Tutto è scontro, è conflitto, è sesso. Il centro è il corpo che riporta i segni del degrado psicologico. Nella volontà archetipica, forse, di questo romanzo utile alla società contemporanea giapponese si può rintracciare lo scopo di Undulant Fever.

Infine l'Europa. La sezione Limelight ha proposto un'interessante narrazione cinematografica basata sulla Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach dal titolo Erbarme dich - Matthäus Passion Stories di Ramón Gieling. Mentre un coro di vagabondi e gente di strada ripassano la partitura vocale dell'opera insieme ai cantanti del Pieter Jan Leusink Bach Choir, il regista propone la voce e la testimonianza di addetti al settore e profondi conoscitori del testo di Bach, tra cui il regista Peter Sellars, il pittore Rinke Nijburg e il direttore Pieter Jan Leusink, i quali raccontano la loro esperienza con quest'opera, cosa li ha legati e quale profondo filo li trattiene. A cavallo, quindi, tra documentario e una narrazione di finzione, Erbarme dich - Matthäus Passion Stories si articola sulle frasi cardine dell'opera di Bach che identificano la testimonianza degli intervistati. Ciò che si evince nel finale è come la musica di Bach e più profondamente l'arte riescano a contaminare e segnare la vita delle persone, circa quanto espresso da Vanishing Point


Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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