Extra festival ed eventi: speciali, interviste e approfondimenti

Ti trovi qui:HomeFestival ed eventiExtra festivalVenezia 71: considerazioni finali

Venezia 71: considerazioni finali

Film da ricordare e da dimenticare, selfie scatenati, feste rocambolesche e su tutti il mito Amir Naderi: gli inviati di LinkinMovies.it tirano le somme della Mostra del Cinema 2014, raccontando l'atmosfera del Lido dentro e fuori le sale

L'amaro in bocca. Spente le luci sulla kermesse veneziana, rimangono più interrogativi che momenti da ricordare cinematograficamente.
Come evento la Mostra possiede sempre il suo fascino indiscusso, quasi a prescindere dal suo valore artistico: la vitalità che si respira nei giorni della rassegna, gli incontri, le dispute, le cene, persino gli sfavillii fanno tutti parte di un rito che si ripete instancabilmente da decenni e che danno al festival quell'aura di evento da vivere anzitutto.
Tutto ciò dovrebbe fare della Mostra veneziana l'evento cinematografico più sentito dell'anno, anche da punto di vista più strettamente artistico. E qui iniziano invece le dolenti note.
Quello che più ha colpito in questa edizione è la divaricazione ampia, direi incolmabile, tra quello che è il giudizio degli spettatori, degli appassionati, dei cinefili e della critica rispetto alle valutazioni dell'entourage della rassegna e degli organi di stampa meno specializzati (TV e grandi giornali nazionali): chiacchierando, camminando nelle aree della Mostra e tendendo le orecchie, discutendo con chi il cinema e la rassegna la vivono intensamente, è emersa una preoccupata delusione sulla qualità media dei lavori presentati in contrapposizione alle trionfalistiche note non solo del Direttore Alberto Barbera ma anche della stampa più generalista.
Questa dicotomia trova la sua massima espressione nel giudizio sui premi assegnati: il Leone d'Oro a Roy Andersson è forse la scelta meno criticabile, il resto dei riconoscimenti, francamente, risultano in larga parte incomprensibili.
Il problema si pone sin dall'origine: la selezione si è dimostrata piatta, adagiata su canoni consolidati, di facile presa, senza rischio alcuno e tanto meno senza scelte innovative; inoltre lasciano interdetti alcuni titoli che con il Concorso di una simile rassegna c'entrano veramente poco. Solo rischiando e imponendo una qualche linea tematica Venezia può provare a cambiare pagina, anche a costo di perdere l'entusiastico consenso dei maggiori organi di informazione.
Quattro film francesi in Concorso, tre italiani, la pattuglia americana ben poco originale tolgono spazio a cinematografie ormai non più emergenti bensì ben consolidate come quella asiatica che ha visto in competizione solo due rappresentati (tra i migliori film tra l'altro). A ciò aggiungiamo un Presidente di Giuria (Alexandre Desplat) che uomo di cinema fin nel midollo non è che ci riferisce di avere dato peso all'aspetto umanistico, politico e filosofico delle pellicole (concetti che nel cinema dicono tutto e niente), ben si capisce come il risultato non possa che lasciare molto amaro in bocca, purtroppo.
C'è da augurarsi per il futuro un cambio di rotta che abbia come nuove coordinate il coraggio e la capacità di saper miscelare tematiche e stili, di saper spaziare tra i generi e le varie realtà cinematografiche tralasciando quel ben poco producente appiattimento sul quale la Mostra si è incagliata da qualche tempo: Venezia ha le capacità di poter tornare ad essere il centro del mondo di tutti coloro che amano il cinema, come storia e tradizione impongono. (Massimo Volpe)

La Mostra del selfie tra innovazione e tradizione. Per riassumere la mia esperienza alla Mostra del Cinema 2014 bastano due parole: innovazione e tradizione. Vicino a questi pongo due sfumature di significato: azzardo e
conservatorismo.
La mia vita al Lido è trascorsa all'insegna della tradizione. Le sedi della Mostra sono sempre il Palazzo del Cinema, il Casinò e l'Hotel Excelsior. La casa in cui ho pernottato è sempre la stessa da sei anni, condivisa con lo stesso collega di redazione. Tra noi due, ormai, i meccanismi vitali sono rodati e la tradizione ha lasciato il posto al sincronismo. Siamo talmente simbiotici che abbiamo fame nello stesso istante, ci  mettiamo in coda per il bagno nello stesso momento, indossiamo le cuffie della traduzione durante le conferenze stampa allo stesso modo e riusciamo a provare odio per le stesse persone, ossia gli incivili umani che popolano la sala stampa, e per gli stessi film. Sulla decisione di un solo film la tradizionale comunanza di vedute ha lasciato il posto a un'accesa discussione. La pietra del contendere è stato il film Good Kill di Andrew Niccol che personalmente ho giudicato un film pessimo, mentre lui un classico film di genere americano sul tema della guerra. Ha provato a placare gli animi un altro umile e saggio membro della Redazione il cui tentativo, però, si è risolto nel nulla.
Altro aspetto di tradizione alla Mostra è stato il cibo della ristorazione. Come ogni anno si è rivelato scadente, pessimo e inutilmente costoso.
In questo panorama l'innovazione si è incarnata nel #selfie. Ammetto che prima di iniziare la mia esperienza lidense, consideravo questa pratica fotografica inutile e futile. Personalmente, però, insieme ai miei preziosi compagni di avventura e a una simpatica collega dallo spirito vitale contagioso abbiamo deciso di tramutare il #selfie in qualcosa di più stimolante e, forse artistico. Volete i risultati? La bacheca di Facebook e il profilo Twitter di LinkinMovies.it parlano da sole. Il #selfie insieme al direttore Barbera è innovativo e azzardato sia per la fattura estetica, sia per come abbiamo convinto Alberto. È bastato dire "selfie" e il nostro caro Barbera si è tolto gli occhiali e ha sfoderato il suo sorrisone. Non credo che molti altri Festival possano vantare un direttore così contemporaneo (il prossimo anno tocca al presidente Baratta prima del termine del suo mandato. Paolo sei avvisato).
Tra i #selfie di gruppo più riusciti ricordo e ringrazio per la partecipazione il giovane regista Xin Yukun che, stravolto ed estasiato dal nostro entusiasmo, si è prestato al gioco e la bellissima attrice coreana Kim Qyuri che si è concessa con sorprendete partecipazione. L'innovazione del #selfie ha cambiato la serata della donna fino a quel momento incastrata in un conservatorismo senza precedenti. La bella Kim ha mangiato seduta con il cast del film che la vede protagonista, Revivre di Im Kwon-taek, ha posato per le foto di rito con gli ospiti, ha sorriso compiaciuta ai complimenti sulla sua interpretazione, ma quando ha saggiato il potere sconquassante del nostro #selfie ha sfoderato una risata e una voglia di divertirsi inaspettata.
Non si è prestato al #selfie, ma è stato innovativo nel modo di festeggiare la sua presenza al Lido il regista cinese Wang Xiaoshuai. Ha totalmente saltato a piè pari il protocollo, il finto e plasticoso jet-set del Lido e le convezioni festivaliere per riunire a un tavolo la delegazione del suo film e bere, bere, bere, bere, bere e solo alla fine mangiare. Li ho visti con i miei occhi. Non ho mai osservato un gruppo di persone divertirsi così tanto e in maniera naturale.
Di innovativo c'è stato anche la vita sociale dei redattori LinkinMovies. Come avete potuto leggere dai nostri Live Blog, quest'anno siamo riusciti a vivere maggiormente l'atmosfera del Lido, imbucandoci anche a qualche festa. Ebbene sì, nostra cara Biennale, ci siamo intrufolati anche alla blindatissima e preziosissima Festa di Chiusura.
Nello scenario feste mi sento di ricordare come siamo entrati alla celebrazione del film coreano Revivre. Siamo passati in cinque (+ due imbucati) con un solo invito. L'addetto al controllo inviti, rassegnato e demoralizzato, c'ha fatti lo stesso entrare.
Un altro aspetto di tradizione della Mostra e più in generale del cinema è Amir Naderi. Quest'uomo è un mito. A parte essersi aggirato per la Mostra per undici giorni vestito sempre uguale, sempre con la stessa macchia di sudore sulla schiena, il regista iraniano, ma giapponese di adozione, ha presenziato a ognuna delle repliche del suo documentario Mise en scène with Artur Penn (A conservation). Il mio collega ed io abbiamo assistito all'ultima replica, l'ultimo giorno di Mostra alle 9.00 di mattina. Naderi c'era. Ha accolto personalmente ogni partecipante e prima di iniziare ha precisato il contenuto del documentario. Questo è stato filmato nel 2005 con una pessima immagine e qualità del suono (l'ha detto Naderi) e dura sei ore, ma, sempre per bocca sua, il regista ha perso, non si sa come, tre ore. Il documentario si costituisce di una ripresa frontale di Arthur Penn che risponde come può alle incalzanti domande di Amir. Questo in attesa delle risposte, spostava la scenografia oppure andava in bagno.
Amir Naderi è la tradizione del cinema (e si è pure concesso un #selfie con noi senza battere ciglio).
In questi brevi ricordi di colore posso riassumere la mia esperienza a Venezia 71.
Cosa manca? Il cinema. Caro Alberto, la selezione generale di quest'anno si può stanziare tra un finto azzardo, una mascherata innovazione e un solido conservatorismo. Hai sicuramente sbagliato a inserire in Concorso 3 Coeurs di Benoit Jacquot, Good Kill di Niccol, Sivas del turco Kaan Mujdeci e anche The Cut di Fatih Akin, perché sono film incompiuti, espressi a metà e per nulla innovativi per stare nella selezione ufficiale di uno dei Festival più importanti del mondo. Nonostante, però, il concorso sia apparso poco armonioso e non accomunato da una linea tematica di analisi, conservo dei ricordi indimenticabili di alcune scene. Una sequenza riguarda A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence di Roy Andersson, il Leone d'Oro, che si iscrive nella storia della cinematografia (attendete l'uscita in sala del film e capirete). Allo stesso modo non dimenticherò mai i poetici e sublimi movimenti della macchina da presa di Wang Xiaoshuai in Red Amnesia e l'immagine dell'imbarcazione del postino protagonista di The Postman's White Nights di Andrej Koncaloskij che solca il lago immersa in un silenzio eterno. L'ultimo ricordo è extra cinema e si sofferma sulla bellezza dolcissima e naturale di Tang Wei protagonista di The Golden Era di Ann Hui.
Infine Francesco, Massimo, Serena e Michele, carissimi colleghi di avventure e proiezioni, siete il ricordo più suggestivo, vivo, speciale, tradizionale e innovativo della mia Mostra del Cinema 2014. (Davide Parpinel)

Vai alla scheda dell'evento




Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.