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Woody Allen, il regista, dall'inizio alla fine

Quante storie si ascoltano su Woody Allen? Quanti attori e produttori ne parlano male o lo elogiano? Quanti spettatori sono cresciuti con i suoi film e quanti ancora non ne hanno mai visto uno nonostante la sua infinita carriera? Perché molti parlano di Allen uomo e quasi nessuno descrive il regista? A definire una volta per tutte il suo profilo ci pensa Eric Lax in un libro che lo ritrae al lavoro in tutte le fasi di creazione di un suo film

Dalla W di Woody alla A di Allen. Oppure dalla S di sceneggiatura alla M di missaggio o dalla I di Irrational Man alla C di Crisis in Six Scenes. Diverse coordinate alfabetiche per inquadrare il Woody Allen regista, amante della settima arte, scrittore e narratore di storie. A definirlo così è Eric Lax, uno che di Allen sa davvero vita, morte, miracoli (accuse, vicende giudiziarie e aneddoti). Woody Allen dall'inizio alla fine, edito da UTET, 25 euro, è, infatti, il terzo libro che Lax dedica al cineasta newyorkese. In passato ha, infatti, anche redatto la sua biografia ufficiale dal titolo Woody Allen (Longanesi, 1991) e il libro Conversazioni su di me e tutto il resto (Bompiani, 2010) che raccoglie circa quarant'anni di sue interviste. Il giornalista e saggista americano ora ha ripreso la penna in mano per mettere a fuoco come nascono i suoi film. Quest'ultimo libro prende, quindi, avvio dalla scrittura della sceneggiatura, passando per la preparazione delle scene, alla relazione con gli attori e all'intervento della troupe tecnica che sostiene e plasma il film, fino al dialogo con le produzioni e qualche aneddoto e storia da set. Alla fine rimane un solo principio, un assioma alla base del libro e della iper-prolifica attività di Allan Stewart Königsberg, ossia che il suo scopo nel cinema è raccontare una storia.

La struttura del libro. "Quello che io offro, sempre, è una storia. Per me è questo che sono i film". Così Lax, e indirettamente Allen, riportando questa citazione prima dell'introduzione, consegna nelle mani del lettore la chiave di lettura del volume. Sceneggiatura, soldi, cast, direttore della fotografia, location, scene, costumi, riprese, montaggio, colonna sonora, color correction, missaggio sono i capitoli del libro, ognuno per ogni fase di costruzione della pellicola. La storia del film prende così vita da spunti, suggerimenti, tracce annotate su fogli gialli scritti a mano o dattilografati (sempre con la macchina da scrivere portatile Olympia, la stessa dell'inizio della carriera), di cui solo Allen ne possiede il controllo in quanto organizzatore narrativo. Si scopre, quindi, sbirciando su questi appunti attraverso gli occhi di Lax che il regista newyorkese privilegia il lato intellettivo, psicologico, di costruzione della storia, ascoltare i pensieri dei personaggi che rende udibili con voci fuori campo. Nei suoi film tutto deve essere comprensibile con gli occhi da chi guarda, per questo stesso motivo Woody privilegia i film in costume, perché offrono maggiori riferimenti visivi o anche il tempo di narrazione al passato, perché il ricordo rende la storia maggiormente stilizzata, a tratti esagerata e quindi bellissima, secondo il pensiero del regista. Queste teorie sono sempre state valide sin dal suo primo film, Che fai, rubi? del 1966, permettendogli, così, di avere il pieno controllo della sceneggiatura, del casting e del montaggio e di ricavarsi una buona libertà di azione con le produzioni. Spiega il libro di Lax, infatti, che il regista cerca di dare sempre una vaga idea di come sarà il film ai suoi produttori, per non avere limiti, perché è proprio la materia della scrittura che gli suggerisce, a volte, idee diverse. Stesso ampio campo di azione che usa con gli attori. È risaputo, afferma il giornalista americano, che a Woody non interessi imporre la propria figura sul set, passare del tempo o dialogare approfonditamente con i suoi interpreti fuori dalle riprese. Gli attori recitano, nella filosofia di Allen, lui crea, mentre i direttori della fotografia plasmano la vita, lo stile, l'atmosfera del film attraverso la macchina da presa. Questo teorema lo conoscono bene i molti direttori della fotografia che con lui hanno collaborato: Sven Nykvist (l'operatore di Ingmar Bergman), Carlo Di Palma, Zhao Fei, Vittorio Storaro per citarne alcuni, e Gordon Willis, scomparso nel 2014, con cui Allen ha diretto i film dal 1976 al 1985. A loro il regista americano si rimette anche per la scelta delle location, le quali devono essere luoghi in grado di evocare il senso della sceneggiatura e renderla visivamente ed emotivamente vera.

Capitolo 5. Il quinto capitolo è la vera anima del testo. In circa 213 pagine è descritto momento per momento, ripresa per ripresa, battuta per battuta, dubbio e indecisione, conferme e problemi il film Irrational Man (che all'epoca delle riprese portava ancora il titolo The Boston Story) che l'autore ha seguito dal vivo. Sette settimane di riprese le quali, come precisa l'introduzione al capitolo, non sono state girate secondo la sceneggiatura, bensì seguendo il criterio di limitare le spese. Non seguendo, quindi, l'evolversi della storia, Allen doveva avere nella sua testa, e questo principio vale per molte sue pellicole, tutta la storia montata ed è per questo che a volte ha deciso, in passato, di sostituire gli attori a riprese iniziate, perché non in sintonia con essa. Nello specifico di Irrational Man invece, il regista americano è rimasto molto sorpreso da Emma Stone, che per il suo ruolo da studentessa non voleva essere truccata troppo 'acqua e sapone' a causa della sua pelle molto chiara, per invece trovare una conferma in Joaquin Phoenix. Nel capitolo è descritto, inoltre, come il regista trascorre i momenti di relax tra una scena e l'altra, il rapporto con il suo Ipad, aneddoti e storielle che racconta alla sua troupe, il tutto accompagnato con alcuni passi della sceneggiatura che meglio rendono esplicito il proseguire della storia filmata.

Dopo le riprese. Il montaggio dei suoi film si svolge sempre a Park Avenue in tre stanze di un ufficio suddiviso in una sala riservata al montaggio, una di proiezione e un bagno. A partire da Accordi e disaccordi Allen in questa fase collabora con Alisa Lepselter, la maga dell'Avid Technology, il miglior programma di montaggio sul mercato. Né lei, né nessun altro montatore, però, possono toccare un fotogramma senza la sua supervisione. Woody, infatti, è più concentrato in questa fase che durante le riprese. Non cerca nessuna distrazione, né mangia, perché è totalmente assorbito, tanto da ricordarsi tutti i ciak e sapere quale selezionare per lo scorrere della storia, afferma Lax. Questo è il passaggio del processo di costruzione in cui il regista, inoltre, pensa anche a quali generi musicali possono funzionare per il film. "La musica esalta il film e a volte salva una scena", per questo Woody compone la propria colonna sonora intrecciando il jazz, la classica e i grandi successi del passato. Ultima fase: il missaggio o per meglio dire, nella filosofia di Allen, la fase in cui suoni e colori sono bilanciati, puliti, affinati al fine di rendere la storia più fluida e tenerne altissimo il contenuto del film.

A come Amazon. Sin qui il libro racconta il regista americano fino al suo recente passato. Proseguendo l'autore si sofferma sulla relazione cinematografica ed economica tra lui e Amazon. Attorno al 2015, infatti, il colosso di Bezos fece un'offerta ad Allen per girare una serie tv da scrivere, dirigere e anche interpretare. All'inizio Woody non accettò perché "lui fa cinema, non guarda la televisione, non gli interessa", e in più era spaventato dalla famelica voglia di osservare, il cosiddetto binge watching, che le serie tv alimentano in chi guarda a discapito della narrazione della storia. Dopo aver terminano la scrittura di Café Society, però, decise di avvicinarsi alla scrittura di Crisis in Six Scenes, la serie tv da lui diretta, rimaneggiando e dividendo in sei episodi un copione vecchio di quindici anni intitolato A Rainy Day in New York. Questo lavoro, spiega Lax, ha sconvolto i suoi piani di lavoro abituali, ma è stato ripagato in quanto Amazon decise di distribuire Café Society negli Stati Uniti e produrre La ruota delle meraviglie - Wonder Wheel.

Un libro o un documentario scritto? Woody Allen dall'inizio alla fine è la storia di un rapporto profondo, intenso, di dipendenza e stretta intimità tra Allen e il cinema narrato con uno stile documentaristico, di relazione precisa e puntuale di tutte le sue dinamiche e sfaccettature. Lax, infatti, come farebbe un buon documentarista, si pone a fianco al grande cineasta, riportando ogni suo gesto e pensiero. Racconta le paranoie di Allen, i suoi riti, le precise e metodiche fasi di scrittura della sceneggiatura, o come il fatto che sul set deve essere sempre presente una doccia per lui. L'autore del libro, inoltre, documenta come il regista sia profondamente legato al suo cappello "alla pescatore" che indossa costantemente durante le riprese e di come elogi spesso i suoi miti, Ingmar Bergman, Akira Kurosawa, Michelangelo Antonioni, Martin Scorsese, l'Orson Welles di Quarto Potere, Federico Fellini, Alfred Hitchcock, tutti registi che, secondo Woody, usano il mezzo cinema per suscitare profonde e secche emozioni. C'è anche spazio nel libro per un approfondimento, all'interno del quinto capitolo, delle vicende giudiziarie che lo coinvolgono, riportando fedelmente cause, accuse e prove a suo discolpa. Non può mancare a dare valore realistico a quanto riportato da Lax la parola del regista che l'autore cita accuratamente introducendola con espressioni come "per Woody" e "secondo Woody".

Al termine delle 400 pagine di Woody Allen dall'inizio alla fine appare molto chiaro perché Allen dal 1965 filma un film all'anno. Non esistono teorie psicologiche o volontà di arricchirsi, ma l'unica forza che lo muove è la necessità di raccontare per immagini, di illustrare una vicenda, utilizzando la costruzione visiva unitaria del cinema. A questo ci arriva anno dopo anno nonostante molti limiti: il budget (è capitato spesso che il regista abbia messo dei soldi di tasca sua per completare le riprese); il fatto che i suoi attori siano i meno pagati di Hollywood; il perché sia necessario legarsi a un sito di e-commerce per distribuire le sue pellicole; e soprattutto la considerazione che lui ha del suo lavoro, come si evince dal pensiero che lo accompagna ogni qual volta si metta le cuffie al primo ciak di un suo film: "Quando li senti dire quelle parole, capisci quanto è scadente la tua sceneggiatura".



Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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