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Onirica - Recensione

Lavoro ostico e ambizioso, visivamente abbagliante al pari di un'allegoria pittorica, Onirica di Lech Majewski si nutre di un bipolarismo che ondeggia tra capolavoro e arcana spigolosità tra allegorie e simbolismi non sempre di facile lettura


Adam era un tempo un brillante accademico, studioso di letteratura polacca e appassionato della Comedia dantesca; poi il terribile incidente nel quale perdono la vita la sua amata Basia e il suo caro amico Kamil lo fa piombare nella disperazione e nell'abbandono. Ora passa il suo tempo lavorando in un supermercato, esilio nel quale si è autorecluso e dal quale fugge solo col sonno che ricerca in maniera quasi spasmodica: nei sogni la realtà diviene un'altra, diversa, dà vita ai suoi desideri e soprattutto gli permette di incontrare i suoi cari. Neppure la religione porta conforto, la sua esistenza è apatica, priva di qualsiasi emozione, l'unica persona, viva, con la quale riesce a confrontarsi è la zia, studiosa e appassionata di letteratura anch'essa.
Il dramma personale dal quale fugge col sogno si congiunge col dramma della nazione polacca: è l'anno delle inondazioni terribili che seminano morte come una catastrofe divina e dell'eruzione del vulcano islandese che paralizza l'Europa ed è anche l'anno del misterioso e tragico incidente all'aereo presidenziale che cancella in un sol colpo buona parte della classe politica dirigente della Polonia. In questo contesto di catastrofe perenne e di dramma incombente, personale e universale, Adam trova nel sogno la via per ricongiungersi alla amata, come un Dante moderno che cerca la sua Beatrice, e pacificare la sua anima.
E' bene dirlo subito: Onirica del regista polacco Lech Majewski è film ostico, difficile, addirittura criptico in più di un passaggio, ridondante di allegorie e di metafore, intriso di spiritualità e di filosofia, in cui si impongono le tematiche che hanno pervaso le riflessioni di filosofi e letterati negli ultimi tre secoli: la vita e la morte e lo spazio sterminato posto tra i due estremi in cui vaga l'umanità.
Non è solo Dante, come un po' furbescamente viene annunciato dalla distribuzione italiana, il riferimento maggiore del film: c'è anche Heidegger, i filosofi greci, la pittura polacca in un affresco che spazia da scenari infernali a quelli intrisi di profonda spiritualità. Dante è per Adam il mezzo col quale dar vita ai sogni: come il sommo poeta che scrive la Comedia come un unico interminabile sogno, l'uomo trova solo nella sua attività onirica la possibilità di conoscere e di mitigare il tormento.

Diretto in maniera magistrale, esempio di regia che intende il cinema come una fusione di varie arti, rispecchiando in ciò il volto del suo autore, artista a 360°, Onirica ha proprio nel suo aspetto visionario pittorico il lato più potente: sebbene spesso si stenti a capire il senso di alcune metafore e di alcune allegorie, forse fin troppo dantesche, l'opera colpisce per il suo grande impatto visivo ma lascia anche un certo amaro in bocca per la sua incompiutezza che si trasforma spesso e volentieri in arcigno sfoggio di ermetismo criptico; il finale poi, sebbene suggestivo e carico di simbolismi, è una sintesi perfetta di un film che mostra nello stesso istante il suo lato più interessante e quello più arcano e meno riuscito.

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